Nomadismo fra antropologia e alpinismo
9 9 2021
Nomadismo fra antropologia e alpinismo

Il viaggio di Borgna, Bellatalla e Meroi come ancestrale pratica immaginativa

Quali sono i possibili punti di contatto fra antropologia e alpinismo? Con questo punto interrogativo la studiosa Irene Borgna apre l’evento Bianco come seta, bianco come neve. Accanto a lei l’antropologo David Bellatalla e l’alpinista e scrittrice Nives Meroi. Sicuramente si, risponde Borgna, la geografia è il comune denominatore più evidente fra le due pratiche. Ma nel caso specifico degli ospiti presenti, è bene ravvisare una sintonia anche in un complemento di modo, in un come che accomuna i due, un’attenzione per il contesto ambientale e sociale dei luoghi studiati e scalati.

Bellatalla spera, attraverso il suo lavoro in Mongolia e i suoi scritti, di lanciare un messaggio alle nuove generazioni. E riconosce, nel porsi tale obiettivo, i meriti del suo ex-professore di geografia al liceo salesiano di La Spezia, presto riconosciuto più come mentore che come insegnante. Il docente proponeva un approccio alla cartografia non basato su sterili compendi di nozioni territoriali, ma operato a partire da mappe mute volte ad attivare le suggestioni personali degli studenti. È in virtù della capacità immaginativa dell’individuo infatti che il viaggio prende forma. Si tratta di una caratteristica biologica presente nella storia umana fin dai sapiens: la curiosità verso l’ignoto è l’arma che ha consentito ad una specie di ominidi di sopravvivere a scapito delle altre. Il testo che da molti è considerato come il primo libro della storia, L’Epopea di Gilgameš, è proprio la storia di un viaggio. Secondo Bellatalla, tuttavia, la globalizzazione ha appiattito questa pulsione atavica, espropriandola del suo valore formativo.

Nives Meroi riconosce in un suo viaggio del 1994 uno stimolo considerevole per il conseguimento del suo obiettivo: la scalata dei quattordici ottomila. Lo scopo della spedizione in questione era la salita al K2 tramite uno spigolo verticale sul versante nord che si diceva portasse in cima. Nives e il suo team, privi di qualsivoglia mezzo di comunicazione, arrivati a quota 1800 metri scoprono che non esiste un passaggio per la vetta e sono quindi costretti a scendere. L’alpinista ricorda la frustrazione provata ma anche l’impulso a riprovarci racchiuso in una frase di Oscar Wilde che un compagno seguitava a ripeterle: “quando gli dei ci vogliono punire, ascoltano le nostre preghiere”

L’antropologo prosegue l’incontro narrando delle esperienze vissute con i nomadi mongoli e riflettendo sugli insegnamenti che si possono trarre per affrontare le insidie della quotidianità iper-globalizzata. Il modello nomade, innanzitutto, è altamente complesso. Falsi miti li dipingono come popolazioni minacciose, o come gruppi di pastori che muovono i greggi solo dettati dall’esigenza di nuovi pascoli. In realtà, sottolinea Bellatalla, i nomadi si spostano quando ci sono ancora ingenti quantità di erba usufruibili per il loro sostentamento. Ciò che li anima al trasferimento è il rispetto di cicli sacri che testimonino il rapporto fra la presenza fisica del gruppo e la storia degli antenati. Uno stile di vita di questo tipo consente di reinterpretare concetti apparentemente statici come quelli di territorio e proprietà. Il primo racchiude al suo interno una dimensione temporale di continuo dialogo con il passato, ma prevede anche contezza e continua valutazione del contesto attuale. Il secondo viene meno dal momento che i gruppi si aggregano e condividono spazi, beni e risorse senza etichettarli come propri. La Mongolia, nello specifico, è un paese estremamente ospitale dove i locali sono soliti accogliere gli sconosciuti offrendo loro cibo e ristoro. Bellatalla insiste: sono i sedentari che raccontano i nomadi, così come sono i sedentari che antropizzano il territorio, mentre i nomadi sono equipaggiati di mappe mentali che consentono loro di spostarsi mantenendo viva l’immaginazione. Tuttavia non c’è un rifiuto della tecnologia moderna da parte di queste popolazioni, anzi, molti nomadi usano abitualmente il cellulare e hanno un pannello solare per l’elettricità.

Stimolata da Borgna, Meroi condivide alcune delle regole ferree che lei e il suo team si sono imposti per affrontare gli ottomila. Le più rigide prevedevano l’assenza di bombole di ossigeno e la mancanza di aiuto degli sherpa oltre il campo base. Questo li ha abituati a smascherare il superfluo, a cercare l’essenzialità nel gesto, nel movimento, nel pensiero. L’alpinista ricorda anche l’attenzione crescente dei media nei suoi confronti quando lei e altre due escursioniste erano candidate ad essere le prime donne a salire i quattordici ottomila. Sul Kanchenjunga, terza montagna più alta al mondo, Meroi era vicinissima ad ottenere il primato, ma un malore del marito Romano Benet l’ha convinta a rinunciare ad una tale velleità per assistere l’uomo, senza quindi proseguire. Il quindicesimo ottomila, a sua detta, è stata proprio la malattia di Benet. Anche in questo caso tuttavia lo smacco ha permesso loro di riprendersi e ultimare la salita delle vette.

Bellatalla conclude l’evento parlando del suo progetto “Una ger per tutti”: l’apertura di uno spazio provvisto di tende per accogliere famiglie in condizioni di estrema povertà che abitano la zona settentrionale di Ulan Bator, capitale della Mongolia. Il programma prevede anche corsi sanitari e di formazione della durata di due anni, per introdurre i giovani al mondo del lavoro e abituarli all’autonomia. Le attività, dopo una pausa di un anno e mezzo per la pandemia di Covid-19, sono riprese nelle ultime settimane.

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Quali sono, dunque, le regole per essere buoni viaggiatori?

Tornare ad aver voglia di far fatica, praticare il silenzio, avere la fortuna di trovare un mentore, avere un sogno che abbia principi universali, comprendere l’importanza del transito. Questi principi possono da un lato attutire l’impatto del turismo, o per lo meno inserirlo in una cornice più ampia che non contempli soltanto la foga di una visita disinteressata, e dall’altro fornire un esempio, esattamente ciò che hanno fatto Bellatalla e Meroi stimolando la curiosità del pubblico di ascoltatori e lettori.

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