Orecchie aperte, si parla di Africa
10 9 2017
Orecchie aperte, si parla di Africa

Il nuovo progetto della collana inedita energia

Viaggio in Africa apre l’ultima giornata di Festivaletteratura 2017, volume della collana “inedita energia” promosso da Eni, che dal 2008 come ogni anno sponsor del Festival pubblica dei testi apparsi negli anni Cinquanta e Sessanta sulla rivista Il Gatto Selvatico, voluta da Enrico Mattei.

Questa scelta parte dalla consapevolezza che l’Africa dovrebbe essere detta Le Afriche, come precisato da Jean-Léonard Touadi, data la grande complessità e diversità insita nell'area dal punto di vista climatico, ambientale, linguistico, etnico e storico. Questo continente è al centro questo anno della pubblicazione di Eni poiché rappresenta il nostro passato, la culla del genere umano, luogo in cui la cultura umana è nata a partire dalla sua evoluzione dalla scimmia. «È stato un continente molto sfruttato dagli europei, è stato utilizzato per far sviluppare altri Paesi, quindi oggi abbiamo il dovere di prenderci la responsabilità di accoglierli» così in modo fermo dichiara Pietro Bartolo.

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Le Afriche, come ormai dovremmo chiamarle, oltre che il nostro presente, con il quale l’Italia dovrebbe instaurare un rapporto di maggiore solidarietà, sono anche il nostro futuro. Jacopo Fo, Neri Marcorè e Ingy Mubiayi, ospiti nell'evento, lo affermano con decisione. È evidente come sia un territorio di grandi risorse materiali ma non solo, ne viene messo in luce la ricchezza sociale, la solidarietà, la cultura, la condivisione e il rapporto con l’ambiente. «Mi rifiuto di definirla povera» afferma Touadi, dato che il benessere di un paese non è misurabile solamente attraverso il metro economico. A differenza dell’Europa che registra un grande calo demografico, l’Africa invece continua a popolarsi.

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Molte volte il microfono sparisce quando si vede parlare dell’Africa, ma anche grazie al documentario Fuocoammare, che ha vinto l'Orso d'oro per il miglior film al Festival di Berlino, si è riusciti a far conoscere una realtà molto difficile in cui si batte ogni giorno Pietro Bartolo.

Per salvare l’Africa, gli europei devo rompere con il "complesso di Tarzan", non possono arrivare in un posto e pensare di poter istruire e civilizzare la popolazione, ma allo stesso tempo gli africani devono perdere il "complesso di Venerdì" e pensare di essere sempre gli schiavi di qualcuno. L’unico futuro possibile, conclude Touadi, è quello del cum operare, della cooperazione tra due popoli che sono da sempre legati.

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