Per un nichilismo felice
9 9 2022
Per un nichilismo felice

Gli ultimi nelle pagine di William T. Vollmann

«Vuole tutto ma non lo mangia, non lo cannibalizza». Così Claudia Durastanti sceglie di presentare William T. Vollmann, prolifico autore americano molto ammirato: «gli interessa tutto dell’altro, la sua è una buona antropologia e una grandissima letteratura». Lo scrittore - la cui produzione spazia dalla narrativa alla saggistica, passando per il reportage e il giornalismo - scrive di poveri, terroristi, prostitute, e lo fa senza la pretesa snobistica di chi ambisce a possedere intellettualmente concetti e categorie. Durastanti lo definisce «un autore classico, un romantico, ma molto meno postmoderno di quanto non venga riconosciuto. È l’autore che oggi potrebbe scrivere dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021». Frase che rivela la sua inclinazione fortemente descrittiva e realistica.

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L’incontro si struttura con domande che Vollmann pone a se stesso e al pubblico, prevalentemente relative al tema della violenza da lui approfondito in Come un’onda che sale e che scende, trattato in sette volumi che nell’edizione originale supera le 3000 pagine. Per chi è il contrappasso dantesco (concetto che lo affascinò molto all’università)? Per chi viene punito o per i membri della società che devono essere guidati da un esempio? Come approcciare la Shari’a, la legge islamica, nell’Afghanistan talebano, senza cadere nel relativismo morale? Come comportarsi con la circoncisione femminile dovendo rispettare sia i corpi delle donne sia l’insieme di assunti culturali che determinano tali pratiche? Perché sei povero?

Il procedimento filosofico di Vollmann è il calcolo morale. In ogni contesto si deve partire dall’ovvio, per esempio «ogni guerra senza motivazione è ingiusta». Da esso si procede senza arrivare ad una risposta, perché le questioni sono troppo complesse, ma per lo meno il calcolo morale aiuta a individuare le casistiche in cui le opinioni possono coincidere nonostante le differenze e l'antagonismo si riduce. Questo processo porta ad un «nichilismo felice».

Durastanti interroga Vollmann sulla questione climatica - alla quale l’autore ha dedicato un libro, Carbon Ideologies - e sull’attivismo ambientalista, normalmente pacifista. Ha senso usare la violenza per cause civili? Quando far saltare in aria un oleodotto per protesta? «Più è imminente la minaccia, più è giustificata la violenza». Partire dall’ovvio, in questo caso, significa basarsi sui dati scientifici. Il cambiamento climatico porta a riflettere su un’imminenza scientifica indiscutibile. Se bloccassimo la totalità di emissioni di CO2 oggi servirebbero undicimila anni per fermare il riscaldamento globale. I pericoli fra soli vent’anni sono già enormi: flussi di migranti in fuga dalle zone più esposte, controllo armato dei confini, guerre, epidemie. Quindi a che scopo la violenza? «A niente. È troppo tardi», risponde l'autore contraddicendo la sua stessa premessa.

Vollmann ritiene più facile la non-fiction rispetto alla fiction. La saggistica gli consente molta più presenza sul campo: il risultato sono figure più realistiche e meno caricaturali, come nel caso delle prostitute, i «fantasmi di carne» raccontati nelle Storie della farfalla. Anche in questa casistica, il calcolo morale richiede di partire dall’ovvio: cos’è una prostituta? È una donna che fa sesso per soldi. Ma l’esperienza di anni ha insegnato allo scrittore che il ventaglio è molto più variegato di quanto non suggerisca il luogo comune. Una prostituta è anche una donna che ride alle battute di uomini vedovi che la portano fuori a cena per proteggersi dalla solitudine. Lo stesso procedimento di partenza da una base ovvia dopo la quale si complicano gli assunti si applica a I Poveri, testo incentrato sullo studio di persone che non possiedono niente. Il merito dello statunitense su un tema così delicato, sottolinea Durastanti, è stato il non farsi influenzare né da sensi di colpa né da pulsioni romantiche.

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Vollmann è un autore realista, il cui cinismo, come nel caso del cambiamento climatico, non si nasconde. Si scusa con il pubblico se le sue produzioni lo fanno sembrare triste e tenebroso. Ma scrivere lo rende felice, saltare sui treni in corsa gli consente di immergersi in un’esperienza conoscitiva non aprioristica dove la scrittura pantagruelica si scarnifica e si fa portatrice di verità narrative e umane.

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