Per una memoria critica
10 9 2020
Per una memoria critica

Marcello Flores, Valentina Pisanty e la difficile convivenza tra storia e memoria

Abusi della memoria, I guardiani della memoria, Cattiva memoria: Marcello Flores e Valentina Pisanty portano sul palco di Festivaletteratura due percorsi tanto complessi quanto convergenti nel tentativo di mappare le direzioni che la memoria ha preso e continua a seguire in relazione alla storia e al senso comunitario del passato.

Pronunciare la parola memoria significa evocare una carica semantica e una specifica parentesi storica, quella della Shoah, che sono andate a creare un modello archetipico per il ricordo, la lettura e la condivisione di ogni tragedia – raccontata – del XX secolo.

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Su questo schema interpretativo a tratti scarno e vuoto, negli ultimi decenni si è basata sempre di più la narrazione di ogni evento collettivo traumatico: per raggiungere specifici canali comunicativi e invocare la sensibilità del pubblico diventa auspicabile e necessario assumere il punto di vista delle vittime, in forte dicotomia con i carnefici e con quella zona d’ombra occupata dai collaborazionisti, come si è ormai abituati a vedere nella fruizione di molte vicende legate all’Olocausto.

L’Olocausto, «evento unicamente unico nella storia», si configura in questo senso come un grande racconto onnicomprensivo di comodo riconoscimento, da cui partire per la costruzione di un’esperienza identitaria collettiva. Le memorie delle singole vittime si fanno collettive, addirittura universali. Eppure, in Se questo è un uomo Primo Levi ricorda chiaramente che «se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». La lezione della storia parte proprio da questa differenza e invita a rifuggire ogni genere di facile identificazione: questo patrimonio ormai percepito come comunitario e familiare diventa un oggetto di competizione e finisce per essere gestito e trasmesso da pochi, da coloro che Pisanty definisce come «guardiani», manager del ricordo che scelgono i media e le modalità con cui raccontare il passato.

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Flores coglie efficacemente la problematicità della lettura attuale del passato, che si trova in bilico tra «la complessità della storia e la semplificazione della memoria». Il ricordo traumatico e l’ipertrofia commemorativa non possono sostituire in qualità di collante l’importanza della storia e del continuo sforzo che la comunità tutta impiega per ricercare e tendere a una ricostruzione scientifica del passato. Uno sguardo rivolto alla sola memoria rischia di far valere l’esperienza individuale come verità assoluta, di condizionare l’immaginazione del futuro e di creare un senso di affaticamento e saturazione nella comunità stessa. Pisanty si interroga proprio su questo: come è possibile spiegare le forze xenofobe sempre più radicate a fronte di innumerevoli e capillari politiche della memoria? Il continuo ricordo è davvero la soluzione affinché il passato non si ripeta?

Quali scelte restano agli storici nel ritrovare un «senso della storia» tanto necessario quanto complesso? L'accordo tra la storia e una memoria più critica sembra un primo passo per ripensare il rapporto con il passato e cambiare gli schemi della sua narrazione, creare un solco più fertile in cui coinvolgere la comunità e ritrovare una molteplicità di eventi che non possiamo più permetterci di banalizzare.

Festivaletteratura