Piazza Tahrir era una rotonda
7 9 2019
Piazza Tahrir era una rotonda

Città-mondo: Il Cairo

Da sempre Festivaletteratura ha riservato un’attenzione particolare al mondo del fumetto e offre uno sguardo privilegiato sulle linee che stanno cambiando il genere: nuove possibilità di racconto e la capacità di adattarsi ai supporti diversi, pagina o schermo. I fumetti hanno conquistato l’attenzione di un pubblico di lettori che attraversa tutte le generazioni.


"Città-mondo" è un progetto di Festivaletteratura che si pone l’obiettivo di analizzare e porre la nostra attenzione con sguardi diversi sul fatto che ci sono alcune città del mondo che hanno un’essenza universale. Luoghi che contengono al loro interno una serie di elementi fenomeni e situazioni che costituiscono spazi abitabili. Città che ci insegnano cosa potremmo essere e come costruire strumenti per affrontare i cambiamenti in corso.

La tappa di questo viaggio è Il Cairo. Per questa occasione ci sono due autori molto diversi: Paola Caridi e Filippo Romano. Paola Caridi è una giornalista esperta di Medioriente e Africa settentrionale, che ha vissuto a Il Cairo fino all’undici settembre, quando tutto è cambiato perché «la città era senza turisti e le finestre degli alberghi tutte chiuse». Quello che racconta l’ha esperito direttamente: «le narrazioni nascono dal fatto che cammini dentro quei luoghi». Filippo Romano è un fotografo dell’architettura con un’inclinazione antropologica, interroga con grazia la realtà e solo successivamente comincia a scattare. Sono due esperienze dirette e personali. A mediare i due, Luca Molinari, storico dell’architettura e ricercatore di cosa significa oggi “abitare il vuoto”.

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Il Cairo attualmente ha circa 10 milioni di abitanti (in realtà la Grande Cairo, con il suo agglomerato urbano ne avrebbe 20). La seconda città più grande dell’Africa dopo Lagos in Nigeria. Paola Caridi racconta anche che al Cairo ha vissuto forse nel senso più pieno, con un bambino piccolo, la propria famiglia e la necessaria quotidianità. Ci tiene a sottolinearlo più volte, come a ricordarsi degli anni passati in quelle terre insolite. Ha vissuto in un quartiere di cui si è sentito parlare solamente dal 2016 in poi, Dokki. Un mix di cultura e provenienze, come molti quartieri lì. La parte borghese e alto-borghese convive con architetture non finite, abbandonate, distrutte ma comunque molto spesso abitate. È un quartiere vicino al mercato de Il Cairo. Spesso cerca di conoscere le città passando dal loro mercato: «mia nonna aveva una bancarella di frutta e verdura al Mercato Trionfale a Roma, a nord dei Musei Vaticani - racconta la Caridi - e credo di aver introiettato nel mio essere la ricerca di senso passeggiando tra le bancarelle». Il quartiere di Dokki è ricco di piante e vegetazione. Quella zona de Il Cairo è costellata di verde, dalle palme e da altissimi alberi di mango. La sensazione è che sia delimitata da mura botaniche, che si reggono con l'abbondante utilizzo di acqua per innaffiare i giardini. Avere un giardino rigoglioso dà un senso del benessere. Al tempo stesso c’è un forte senso di condivisione dell’acqua, figlio del significato islamico che le viene dato: "benedizione". L’altra incredibile sensazione che si palesa in modo molto evidente è la presenza della polvere.

Filippo Romano arriva a Il Cairo per una ONG, lavora in uno dei quartieri più disgraziati ed esposti. La città dei morti che ritrova è un meraviglioso cimitero dove persone vivono letteralmente nelle tombe monumentali, in grado di ospitare anche più famiglie. Non è un fotografo di cronaca, ma la sua attività non è così distante. Si occupa di una fotografia che cerca i racconti satelliti a quelli che sono entrati nella storia. A livello sensoriale l’ha emozionato l’esperienza del Cairo perché ha visto la polvere e la luce giocare insieme, dissolversi e disperdersi nel vento. Qui «ho sentito l’odore della luce». «Le fotografie di Filippo sono interessanti» afferma Luca Molinari «perché rappresentano la memoria di una città. Ogni nostro ricordo di una città che abbiamo visitato è un’esperienza sincopata, ogni sguardò si fissa nella nostra memoria. Sempre di più ragioniamo per immagini, sempre meno per parole».

Quello che ritorna continuamente nelle narrazioni dei tre autori è il tema della strada. In Italia abbiamo le piazze come luogo di rappresentazione collettiva, nella cultura araba non ci sono le piazze. Ci sono i cortili, le università, la moschea e poi le strade. La strada continua a connotare il luogo di appartenenza della storia di questi popoli. Se è la gente a fare il luogo, come dice Molinari, allora la figura che rappresenta la concezione urbanistica del Cairo è l’ambulante: «È una presenza molto forte» conferma Romano «dinamica, mai fissa».


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 4 “Le frontiere aperte dell'Italiano” - Evento 7 “Gli orsi di Buzzati prendono vita” - Evento 8 “L'epoca d'oro delle mostre” - Evento 32 “L'imperatore era davvero nudo?” - Evento 38 “Fumetti e romanzi di Proust” - Evento 56 “Un passato che sa di futuro” - Evento 62 “Il fumetto del futuro” - Evento 70 “La storia intima del nazismo” - Evento 93 “Storie e divieti a tavola” - Pagine Nascoste ore 19:00 venerdì 6 “Manga do, Igort e la via del manga” - Evento 131 “Città mondo: il Cairo” - Evento 144 “La cucina giapponese a disegni” - Evento 196 “Una storia o due?” - Evento 202 “L'italiano dal cuore a mandorla” - Evento 210 “Città mondo: New York” - Evento 212 “Le idee nascono dalla materia” - Evento 224 “Tavole Parlanti”.

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