Tra Tradizione e Innovazione, per davvero
Come ci schieriamo nei dialoghi che ruotano attorno al mondo del cibo? Negli ultimi tempi stiamo assistendo a una netta polarizzazione, tra estremismi che celebrano un passato spesso mitizzato e altri che si orientano verso un futuro prossimo, molto prossimo, che in molti però non riescono ancora a vedere.
Anna Prandoni, direttrice di Gastronomika e vincitrice del Prix Multimedia 2023 dell’Academie Internationale de la Gastronomie, ha cercato di sviscerare la questione nel suo ultimo libro, Il senso buono (Linkiesta, 2024).
Il giornalista Stefano Scansani, in dialogo con l’autrice, lo ha definito non un libro di cucina, bensì un libro di filosofia, un testo che «antropologicamente cerca di ritrovare il significato di ciò che ingeriamo». Prandoni, dal canto suo, preferisce invece definirlo democristiano, in quanto ha strutturato il libro proprio polarizzandone le tesi e cercando di creare una sintesi, un punto di intersezione nel nome del buon senso.
L’incontro è stato un’occasione per riportare alla mente le famose parole di Claude Lévi Strauss: «il cibo non dev’essere solo buono da mangiare, ma buono da pensare». Le narrazioni legate al cibo, da almeno 15 anni e con l’avvento di format televisivi di grande successo, si sono trasformate in storie di food, dove lo spettacolo ha preso il sopravvento e dove il significato di nutrimento è retrocesso in secondo piano. Con questo comportamento ci siamo allontanati dalla complessità del mondo dell’enogastronomia, troppo spesso banalizzata per renderla più accessibile e appetibile. Così, continua Prandoni, ci dimentichiamo che il cibo è un atto politico, con conseguenze sociali, economiche e ambientali. Semplificare all’eccesso significa escludere dall’equazione i diritti dei lavoratori, la sostenibilità ambientale, storie e valori che vanno persi dietro prezzi troppo bassi e slogan accattivanti.
«Dobbiamo fare i conti con la nostra coscienza», afferma Scansani durante la conversazione. La coscienza deriva dall’essere dalla parte fortunata della barricata, dalla facoltà non scontata di poter scegliere. Polarizzare le scelte, ma anche i racconti sul cibo, creare fazioni incomunicabili come vino naturale vs vino convenzionale, non è la soluzione. «Dobbiamo muoverci seguendo delle priorità, sostiene Prandoni.
Ostracizzare le possibilità che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione, trincerandosi dietro ipotetiche leggende secolari, non ci porterà da nessuna parte. Dobbiamo essere aperti a soluzioni diverse per andare incontro ai cambiamenti della società contemporanea. Questo significa trovare una zona grigia, un compromesso tra il vituperato binomio “tradizione e innovazione”, accogliere con curiosità la carbonara in lattina senza pregiudizi, studiando e approfondendo tematiche troppo spesso considerate inscalfibili che poi, a guardar bene, non sono propriamente ciò che sembrano.