Posta del cuore
7 9 2021
Posta del cuore

I volontari si dichiarano al proprio crush letterario

Festivaletteratura anche quest'anno ha chiesto ai volontari di dichiararsi alla propria cotta letteraria o di chiedere un consiglio a uno degli autori che parteciperanno. Alcuni messaggi sono stati scelti per ricevere una risposta dai diretti interessati.

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Egregio Signor Franco Baresi,

premetto innanzitutto che chi le scrive è un fedelissimo tifoso della Juve. E proprio per questo le rivolgo subito la domanda: come si fa a vincere, dominando, le coppe dei campioni? Come si fa ad essere protagonisti di una rivoluzione calcistica che ha portato tutto il mondo ad ammirare il gioco del Milan di Arrigo Sacchi? Certamente i più irrispettosi le ricorderanno di quando alzava sempre il braccio per indurre guardalinee e arbitri a fischiare fuorigioco inesistenti (onestamente molto spesso era tutto così in linea che già allora sarebbe stato necessario il VAR). Io preferisco pensare a lei come ad uno dei migliori (mi perdonerà, ma Scirea era Scirea) che ha giocato con i migliori, con leggende come Van Basten. Da bambino ho vissuto il periodo in cui la Juve non vinceva nulla e il Milan conquistava il mondo. Un po’ di invidia mi è rimasta, nonostante gli ultimi nove scudetti di fila vinti. Perché di Coppe dei Campioni ne ho viste poche, e male. Mi piacerebbe sentirla raccontare di tante cose, e Federico Buffa le darà davvero una bellissima mano, perché sarebbe anche un po’ tornare indietro a quel periodo che fu davvero uno spartiacque tra il calcio “vecchio” e quello anche troppo esagerato di adesso. E lei fu protagonista, con Sacchi prima e Capello poi (penso alla finale contro il Barcellona e quel quattro a zero incredibile, anche se era squalificato e non potè giocare). Mi piacerebbe sentirla raccontare dei personaggi che ha incontrato, delle partite che ha giocato. Anche del rigore sbagliato contro il Brasile in finale di Coppa del Mondo, certo. Sono sempre convinto che ci debba essere un momento per le vittorie e un momento per le cadute. L’importante è risollevarsi sempre e ricominciare. Davvero non vedo l’ora di ascoltare questi racconti.


Franco Baresi sarà presente agli eventi segnalati a questo link.


Cara Teresa, la più cara. Teresa che nessun nome ti si adatta, Teresa dai mille nomi, frammentata in mille pagine e personaggi. Teresa prismatica, Teresa che dietro l’arcobaleno esiste solo per Teresa. Dove hai trovato il coraggio di costruire libro dopo libro questo castello di parole di cristallo, dentro cui solo a te è concesso abitare? Teresa, io non voglio conoscerti. Voglio vedere il castello da fuori, ammirare la luce che vi rimbalza in modi diversi a seconda dell’ora del giorno. Ma voglio anche imparare da te a costruire il mio castello. Con una facciata che sappia rifuggire l’ansia della piacevolezza pur restando onesta e lucida. Ma con tre stanze che appartengono solo a me. Su cui nessuna parola potrebbe essere spesa.


Teresa Ciabatti sarà presente agli eventi segnalati a questo link.


Cara Francesca,

Da tutta la vita sento dentro di me il bisogno di ascoltare le storie degli altri, di raccoglierle e, chi lo sa, magari raccontarle a mia volta. Vivo delle storie delle persone che ho incontrato durante la mia vita, conoscenti e sconosciuti, e le porto sempre con me come piccoli tesori.

Questo bisogno mi ha portato a iniziare a scrivere e a studiare giornalismo perché credo che il reportage sia un modo molto nobile di raccontare il mondo e le persone che lo abitano, per questo ti ammiro molto.

Ammiro il modo in cui ti sei spinta sempre più lontano rischiando a volte la vita per dare una voce alle persone e spero un giorno di poter fare lo stesso.

Prima di spingermi verso i luoghi di guerra dovrò però fare una cosa facile e allo stesso tempo molto difficile: spiegare ai miei genitori che un giorno, per inseguire questo mio bisogno, sarò costretta ad abbandonare la sicurezza che mi dà la mia casa e andare all’avventura. Tu come gliel’hai detto? E loro come l’hanno presa?

Ines


Francesca Mannocchi sarà presente agli eventi segnalati a questo link.


Slater.

È sicura che gli spilli fossero senza punta? Glielo chiedo perché sanguino. Ho allungato la mano, ne ho pescato uno senza permesso, non ho atteso istruzioni. Mi sono punta, ingenuamente. Ne ho pescato uno argenteo, fatto con le sue parole, uno piccolo in mezzo ad alcuni sottili e un po’ storti. Sa, qui abbiamo preso l’abitudine di usarli per tenere insieme i pezzi della nostra realtà strappata. Funzionano. Così ho rubato uno spillo, perché volevo anche io essere custode di un pezzo di lei. L’ho infilato in tasca di fretta, l’ho stretto nel mio pugno, per paura che qualcuno me lo strappasse via, che mi portasse via le sue parole. Mi sono punta, sanguino ancora adesso.

Slater.

Ho lasciato che la ferita guarisse, ma si è allargata ogni qual volta leggessi, sentissi, ascoltassi un suo pensiero. Non è grave, se non sanguinassi significherebbe aver smesso di vivere, pensare, ragionare. Succederà, un giorno, per tutti noi. Spero però che le sue parole sopravvivano, che la sua voce superi i confini del tempo, che superi la sera. E quando sarà notte, nel buio le stelle ruoteranno attorno alla voce di chi leggerà ancora libri come La matematica è politica. Ancora una volta.

Slater.

Di sicuro quegli spilli avevano la punta, ne sono certa. Non mi pento del mio furto, di aver tentato di avvicinarmi alla sua mente, anche se è stato un tentativo fallito. Ma se lei continuasse a scrivere, potrei riprovarci, e tentare ancora una volta di dare un senso alla trama dei pezzi che compongono la nostra complicata realtà. E se non funzionasse, e se le spille di Slater non avessero più la punta, le lascerei cadere. Cadrebbero gli spilli, cadrebbero i fiori, e magari anche questo ci servirà per raggiungere una nuova consapevolezza.

Grazie. E la prego, non smetta mai di costruire fioretti o sciabole con bastoni avvolti nella carta stagnola.

J.


Chiara Valerio parteciperà agli eventi segnalati a questo link.


Joseph LeDoux, quante volte ti ho sentito nominare scorgendo negli occhi di chi pronunciava il tuo nome un’ombra di mistico riguardo, o meglio.. attonito timore. Quante volte ti ho immaginato seduto dietro una pesante scrivania in noce, inarrivabile, dietro montagne di libri, articoli, riviste e giornali scientifici. Dietro sterminata sapienza, logiche nozioni, intricati grafici, avviluppate statistiche. Incubo e desiderio. Ansia e amore. Fulcro insoddisfabile delle mie notti insonni prima degli esami di Neuroscienze. Negli anni degli studi ho prodotto schemi, riassunti, annotazioni, ovunque figurava il tuo nome. LeDoux. LEDOUX. Ossessione, fissazione, rappresentazione mentale persistente. Ripetizione martellante nel corso delle lezioni. Impressione visiva costante durante lo studio personale. Sogno nella notte. Assillo nel giorno. LEDOUX.

Stato di confusione, passiva accettazione, strascicato incedere, supplicante grido alla tregua. LEDOUX. Alla fine di ogni capitolo, all’inizio di ogni corso, in mezzo ad ogni discorso, a tre quarti di ogni preambolo: LEDOUX. Sopra la lavagna, giù nel quaderno, sotto la scrivania, sopra la libreria, accanto scaffale dei documenti rari, prima di quello delle nuove uscite: LEDOUX.

Irraggiungibile uomo dal timbro profondo, dall’accento tonico, dal capello laconico, dal viso vagabondo. Tu, che hai scritto il libro “Ansia”, che hai indagato il cervello arrivando a conoscere la ragion d’esistere del singolo neurone. Tu, amore e tormento mio, interverrai a Festivaletteratura, nella città che mi generò: Mantova.

Sento, in ogni viscera del mio corpo, in ogni capillare del mio circolo sanguigno, in ogni spazio interstiziale tra i miei neuroni che si sta per compiere il nostro destino, e cioè, che il legame profondo, che l’amore platonico che ci lega da ormai cinque anni continuerà, nonostante la laurea, inesauribile. Per sempre. Ovunque.


Joseph LeDoux parteciperà agli eventi segnalati a questo link.

Festivaletteratura