Quell’estate del 1969 che cambiò il mondo
7 9 2018
Quell’estate del 1969 che cambiò il mondo

Prospettive per comprendere il Nuovo Mondo

Segni su un planisfero in carta, le frontiere sono un atto di scrittura che coinvolge il narratore non meno del geografo. Ogni confine è il luogo perfetto per osservare e raccontare: abbastanza vicino per distinguere i dettagli, separato a sufficienza per una descrizione lucida. Festivaletteratura propone queste riflessioni in un ciclo di eventi dedicati alle frontiere e a chi le attraversa.


Franco Farinelli prosegue con le sue pillole di geografia tentando di spiegare la nascita di uno dei fenomeni che ha stravolto totalmente il nostro modo di pensare il mondo: la globalizzazione.

Partendo dal concetto di mappa, la rappresentazione in piano della superficie terrestre, ci muoviamo in un percorso a ritroso nella storia attraverso un confronto fra Marco Polo e Cristoforo Colombo. «Qual è la differenza fra i due?», si domanda Farinelli; «Colombo è il primo viaggiatore moderno perché aveva in tasca una mappa, Marco Polo no», afferma. «Colombo sapeva cosa avrebbe trovato davanti a sé». L’esploratore genovese è perciò antesignano della modernità, che per lungo tempo si è basata sull’applicazione del modello spaziale alla faccia della terra.

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Tutto nasce con la prospettiva lineare fiorentina del Brunelleschi, prosegue il geografo, il primo dispositivo spaziale moderno concepito affinché lo spettatore non si muova. È un momento decisivo. Riferendosi al portico dell’Ospedale degli Innocenti a Firenze, ecco che scopriamo che, osservando il centro della finestra dove venivano depositati i bambini abbandonati, le rette parallele di cui era pervaso il pavimento del porticato, se prolungate all’infinito, sembrano unirsi in un punto di fuga. È la fine della geometria euclidea. E di nuovo torniamo a Colombo e alla storia – un vero caso giudiziario in Spagna – su chi avesse avvistato per primo la terra fra i marinai della spedizione nel Nuovo Mondo. L’esploratore pare avesse avvistato la terra come un punto lontano che appariva e scompariva, un vanishing point, che in inglese altro non rappresenta che il punto di fuga in cui le parallele si incontrano all’infinito. Dunque il primo sguardo sul Nuovo Mondo è uno sguardo prospettico.

La prospettiva tuttavia implica che un soggetto stia fermo di fronte ad un oggetto, che vi sia uno spazio fra soggetto e oggetto. Se il soggetto si sposta, cambia l’angolo visuale. La distanza fra i due elementi è dunque necessaria: questo vale non solo per l’idea prospettica, è applicabile anche al principio di causa-effetto o al binomio res cogitans-res extensa. La distanza è imprescindibile. È un concetto centrale che ha governato la modernità fino ad un’estate del 1969, quando due computer, posti uno a Washington e l’altro a Los Angeles, hanno iniziato a scambiarsi informazioni dando origine alla Rete e abolendo i concetti di tempo e di spazio ideati dalla fisica classica.

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Da quel momento la globalizzazione ha annullato le distanze, il mondo non è più rappresentabile su una mappa perché grazie alle telecomunicazioni, a Internet e alle nuove infrastrutture stiamo assistendo ad una compressione spazio-temporale che ha ridotto significativamente le distanze e ci permette di raggiungere in breve tempo ogni angolo del pianeta.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 12 “Un gioco ri-creativo” - Evento 20 “C’è una crepa in ogni cosa” - Evento 37 “Esuli in terra ostile” - Evento 45 “Stati di coabitazione” - Evento 51 “Una riga tracciata sul foglio” - Lavagne, giovedì 6 settembre, ore 18:00 - Lavagne, sabato 8 settembre, ore 18:00 - Evento 177 “Conoscere i confini”.

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