Riscoprire Stefan Zweig, finalmente
11 9 2021
Riscoprire Stefan Zweig, finalmente

Ferrari, Busi e Greco si confrontano sul ritratto del valente scrittore, umanista e cosmopolita

Quando nel 1921 Hans Rosenkranz, sedicenne di famiglia ebrea di Königsberg, invia una missiva a Stefan Zweig, il raffinato scrittore viennese, giunto a quarant’anni all’apice di una fama che lo vede fra gli autori più letti al mondo, riceve decine di lettere al giorno da ogni sorta di ammiratori. Eppure la lettera segna l’inizio di un carteggio durato dodici anni, durante i quali Zweig non solo aiuta il brillante giovane ad avvicinarsi al mondo editoriale, ma prodiga consigli incoraggiandolo ai viaggi, alle lingue, ai viaggi all’estero.

Il recente ritrovamento dell’epistolario e la sua pubblicazione offrono al ricercatore Francesco Ferrari, curatore del libro, l’occasione di rievocare Zweig insieme al filologo ed ebraista Giulio Busi e alla sociologa della cultura e del giudaismo Silvana Greco. Attraverso i loro interventi appassionati e arguti, con il passare dei minuti l’affascinante figura di Stefan Zweig acquisisce nitidezza, lucidità e spessore fino a stagliarsi sulla scena, catturando l’interesse dei numerosi ascoltatori presenti.

Scrittore colto e poliglotta, di ideali profondamente umanisti e cosmopoliti, Zweig è in effetti scivolato per lungo tempo al di fuori dal canone nella seconda metà del Novecento. Di una recente riscoperta hanno beneficiato la sua narrativa storica (Magellano, Momenti fatali: Quattordici miniature storiche) e i suoi racconti (tra cui la Novella degli scacchi, Paura, Mendel dei libri, Lettera di una sconosciuta), dalla prosa tanto vivida ed intensa quanto lucida ed esatta.

Forse più fortuna ancora ha conosciuto negli ultimi anni l’autobiografia di Zweig Il mondo di ieri: un luminoso e sofisticato affresco della Vienna imperiale di inizio secolo, felix ed europea agli occhi degli intellettuali austriaci votati al progresso e alla fratellanza umana, ma travolta insieme a questi valori dai totalitarismi e dall’orrore dei due conflitti mondiali. Le «memorie di un europeo» di Zweig – questo il sottotitolo del volume – restituiscono l’immagine di un pensatore che, pur socializzato all’alta borghesia mitteleuropea, ha saputo plasmare un perspicace affresco del suo tempo di portata mirabilmente ampia, se non universale.

In almeno due direzioni si sviluppa l’attualità del pensiero di Zweig, secondo il dialogo intrecciato da Busi, Greco e Ferrari e alimentato da spunti provenienti dal pubblico. In primo luogo, rileva un netto rifiuto del nazionalismo: nelle parole utilizzate nel carteggio con Rosenkranz, una rinuncia «all’auto-deificarsi dei popoli e al loro rifiuto di considerare la varietà delle forme di popolo e dei tipi umani come bellezza dell’essere».

Ma la riflessione di Zweig, per cui «se a malapena ci si può vantare delle proprie imprese, mai si può farlo per quelle di una massa omogenea», si spinge oltre nel toccare il tema dell’identità. L’autore rigetta l’orgoglio nazionale tedesco, ma è pure esplicito nel non abbracciare «un diventare orgogliosi e superbi riguardo il proprio ebraismo».

In questo trova formalizzazione di pensiero il suo amore per il viaggio, durante il quale si è esposti, ricettivi, spogliati delle proprie certezze. La novità e la creatività, il restare aperti al mondo, esigono un’identità plurale, non reificata in una categoria rigida: un’identità né da reprimere e nascondere, né da agitare come una bandiera. Una lezione tuttora fondamentale per la politica contemporanea, talvolta esposta al rischio di superare, persino quando si tratta di necessarie istanze di emancipazione e di reale parità, il crinale che dal desiderio di uguale riconoscimento conduce ad una volontà di riconoscimento della propria superiorità di gruppo.

In secondo luogo, dal pensiero di Zweig scaturisce linearmente un alto europeismo di principio, in linea con lo spirito di solidarietà internazionale fra i popoli, ostile alla potenza distruttiva del nazionalismo, espresso anche dal celebre Manifesto di Ventotene del 1941. Quattro saggi dello scrittore viennese, pubblicati in un volume dal titolo Appello agli europei, illustrano la sua ammirazione per le conquiste più avanzate della civiltà e della cultura europea, sprone ad elevarsi fino al punto di «sentire come proprio il destino di tutte le nazioni».

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