Running in cities
8 9 2019
Running in cities

Freeman spiega perchè dovremmo tutti fare jogging

Allontanandosi momentaneamente dal mondo della letteratura, lo scrittore americano e critico letterario John Freeman, racconta delle sue corse mattutine, leggendo con trasporto ma naturalezza al pubblico alcune pagine, che confessa aver scritto la notte stessa proprio per questo evento.

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Fin da piccolo si è spostato con la famiglia di città in città, la necessità e la passione per il viaggio non l’hanno successivamente mai abbandonato. Invece di Google Earth, Freeman usava e usa tuttora le sue gambe per scoprire le nuove città che lo accolgono e disegnare una personalissima mappa mentale. Anche nell’incontro tenutosi lo stesso pomeriggio a Palazzo San Sebastiano con Valeria Luiselli, scrittrice messicana di origini italiane, i due hanno esaltato la bellezza della possibilità di «sostituire le mappe ufficiali con mappe esplorate tramite i sensi».

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All’inizio è un modo per far conoscenza con il luogo, poi gli diventano familiari anche le sfumature di arancio delle case, il panificio in fondo alla strada, i bidoni della spazzatura, la sensazione dell’erba umida dei campi sulle caviglie. Così lo scrittore trascorre ore della sua vita, abbandonandosi al raro silenzio delle prime ore del giorno delle metropoli. Nella dinamicità nascente delle grandi città della fine del Settecento il flâneur, il cittadino borghese e colto, sceglie di camminare, rallentare il passo, mischiarsi tra la folla, perdersi nelle vie affollate, con uno sguardo capace di trascendere l’immediatezza. Questa intuizione sarebbe stata successivamente usata come base per lo sviluppo di un metodo sociologico di riscoperta e rivalutazione dei territori.

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Freeman al contrario sostiene sia necessario accelerare il passo e correre. Solo con una velocità diversa da quella di chi passeggia, riesce a osservare con maggiore distacco e interiorizzare gli stimoli esterni come diversi da lui e dunque preziosi. «Correndo sento i luoghi chiamarmi e parlarmi, dimentico le mie preoccupazioni, percepisco solo il mio corpo muoversi nello spazio, la città, la mia unica amica».

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Anche utilizzando la macchina non riesce ad apprezzare ciò che vede nello stesso modo in cui ci riesce correndo: in quel caso l’esperienza sensoriale è parziale perché a muoversi sono solo gli occhi. Nonostante non sia mai vissuto a lungo in una sola città, spiega come questa sua abitudine non sia un bisogno egoistico o un modo per tenersi in forma, quanto piuttosto risponda ad un senso di responsabilità: «Sono consapevole di dover vedere, ricordare e conoscere al meglio la realtà che mi circonda per dirmi realmente parte di essa.»

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