Scongiurare una narrazione da tifoseria
10 9 2022
Scongiurare una narrazione da tifoseria

Mannocchi e Igort si confrontano su come raccontare la Storia e le storie della guerra

Che cos’è raccontare una guerra? Come si può narrare un conflitto senza cadere nella tentazione del cinematografico, dello scoop, del catalogo dei morti? A cercare di rispondere a queste e altre questioni sono la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi in dialogo con Igort, non solo illustratore, artista, editore, ma soprattutto narratore, come lo definisce Mannocchi stessa. "È nostro dovere guardare" è il titolo dell’evento: un titolo imperativo, ma non esaustivo, perché guardare non è sufficiente.

Come scrive Mannocchi in un recente articolo su La Stampa, il rischio sempre più frequente davanti all’impietoso bombardamento mediatico sul conflitto in Ucraina in particolare, ma sulle guerre in generale, è quello di «vedere le guerre e non capirle». Per scongiurare questo pericolo i due interlocutori sono d’accordo su due punti fondamentali: è necessario raccontare la Storia, quella con la s maiuscola, ma anche le storie minuscole, quelle delle persone, degli esseri umani come noi.

Igort lo fa da tempo. Il primo volume dei suoi Quaderni ucraini risale al 2010. A questo sono seguiti i Quaderni russi e, finito di disegnare oggi, 10 settembre del 2022, un nuovo volume dei Quaderni ucraini, sottotitolato esplicitamente Diario di un’invasione. Igort racconta di essere approdato nelle terre della vecchia Unione Sovietica per raggiungere la Crimea e raccontare i luoghi di Checov. Ma nella strada verso quei luoghi, confessa di essere stato preso da una indefinibile malinconia che lo ha fatto fermare per il bisogno di capire, di raccontare quello che vedeva, quella povertà che troppo cozzava con la routine delle sue «amiche millepiedi» con cinquecento paia di scarpe.

È stato così che ha deciso di iniziare a studiare la storia dell’Unione Sovietica e dei suoi rapporti con l’Ucraina, perché - dichiara - se non si capisce quello che c’era prima si perde l’insieme. La verità storica, quella con la S maiuscola, è imprescindibile per chiunque voglia raccontare il presente. Non si può prescindere dalle radici di un fenomeno. Proprio per questo Igort aveva cominciato i suoi Quaderni con la carestia in Ucraina del ’32- ’33, l’Holodomor, riconosciuta nel 2008 dal Parlamento europeo come crimine contro l’umanità perpetuato dall’allora URSS nei confronti del popolo ucraino.

Nel narrare questa Storia, non si era risparmiato dal disegnare tante altre storie minuscole, di persone qualsiasi che ogni giorno pagavano lo scotto del loro passato. Ci racconta, ad esempio, la storia di Nicolaij, delle sue reticenze a confidarsi, della difficoltà nel far diventare la sua testimonianza un disegno perché sulla carta non funzionava, sembrava falsa e invece doveva contenere la vita, il dolore.

Questi secondi quaderni invece nascono da un’esigenza diversa, quella di restituire la voce a chi ha visto stravolgere la propria vita in un tempo velocissimo. Anche in questo caso è stato importante inserire gli eventi nel loro contesto storico. Igort racconta di Odessa, di Stepan Bandera e tanti altri irrisolti storici. «Noi non sappiamo niente della cultura ucraina, improvvisamente si è aperto uno squarcio e noi abbiamo guardato come dei voyeur, sembriamo un po’ i cani di Pavlov», sostiene. Da qui l’esigenza di indagare e riferire anche le piccole storie, come quella di Sasha che si preoccupa delle sue api malgrado le bombe, o dei tanti ucraini che accettano il cibo in scatola portato dai loro invasori per sopravvivere.

E questo, come sottolinea Mannocchi, è un diario di un’invasione, non di una guerra: questa non è una guerra tra due stati, è una storia di straordinario squilibrio in cui c’è un Paese in cui le persone vengono uccise dai missili e un altro in cui si continua ad andare a scuola e al mercato. La propaganda russa in Italia ha attecchito in modo peculiare rispetto al resto d'Europa: è necessario, propone Igort, che il giornalismo si liberi del modello cinematografico a vantaggio di quello documentario e ripristini un po’ di pudore.

Nel frattempo, scorrono sugli schermi le immagini in anteprima degli ultimi Quaderni ucraini. Ci sono disegnati volti, città, storie. «È un libro pieno di storie e quindi pieno di dubbi» lo definisce elogiandolo Mannocchi. «Mamma mia, speriamo sennò mi sparo, se è un libro di tifoseria sono un cretino» risponde Igort, un po’ orgoglioso e un po’ intimorito, forse consapevole che il fantasma della retorica è sempre pronto dietro la pagina.

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