Come si pubblica un articolo scientifico, come lo si capisce, come lo si fraintende (e qualche frode)
Pillole dai ricercatori di ScienceGround.
"Secondo una ricerca”: un ritornello di tutti i giorni. Per esempio, secondo una recente ricerca si migliora la memoria con una bella bottiglia di champagne. Di questo, in effetti, si occupava un articolo di giornale, raccontando come lo champagne avesse capacità di accrescere la memoria umana. Peccato che a bere nei laboratori fossero ratti, ignari e contenti: insomma, ci sono sì evidenze che lo champagne abbia effetti positivi sulla memoria, ma soltanto sui ratti. Perché questi fraintendimenti? Luca Pareschi ed Emanuele Penocchio lo spiegano a ScienceGround - la scatola scientifica di Festivaletteratura - raccontando cosa è la letteratura scientifica, come funziona, come può essere fraintesa e che problemi possa avere.
I due hanno distribuito a un pubblico partecipe articoli veri, di carta, per cominciare coi fondamentali: un articolo come si deve ha un’introduzione sull’argomento delle ricerca, un elenco dei metodi di ricerca impiegati, un resoconto degli esperimenti e dei risultati, una discussione dei risultati e infine una serie di citazioni di testi e di altri articoli cui la ricerca fa riferimento. L’articolo ben scritto e pronto viene inviato alle riviste specialistiche dove è sottoposto al famigerato peer review: altri scienziati, ignoti (a volte formalmente), controllano che tutto sia a posto. Se approvato, l’articolo esce.
A questo punto tocca al lettore, come per ogni testo, e leggere un articolo scientifico può essere difficile, persino per un ricercatore. Anche questa è una ragione per cui queste pubblicazioni possono essere travisate dai giornalisti. Ma i problemi non stanno solo nella ricezione da parte della stampa: la maggior parte degli articoli scientifici contiene già degli errori, spiegano Penocchio e Pareschi. Per lo più, gli errori sono sviste e approssimazioni, dovute proprio al processo di review: i revisori non sono pagati e così poco incentivati. Come quella volta che i revisori non s’accorsero che l’articolo che avevano sotto il naso era già stato pubblicato su un’altra rivista, identico.
Per approfondire:
La cattiva scienza, di Ben Goldacre, Mondadori, 2009.