Senza radici per poter essere tutto
10 9 2021
Senza radici per poter essere tutto

Giacomo Bevilacqua, Espérance Hakuzwimana e Mario Desiati in dialogo

La presentazione di stasera è stata tutto ciò che di norma una presentazione non è. Di norma c’è un solo libro, c’è lo scrittore che parla della sua opera, e c’è tutto un approfondimento di quel libro lì. Invece, stasera abbiamo assistito a qualcosa di diverso, di nuovo. Sarà stata la mediazione di Espérance Hakuzwimana, che, forte della sua lunghissima carriera non solo di scrittrice ma anche di feroce lettrice, e portando la sua passione per la lettura sul petto come un distintivo, ha saputo rappresentare sul palco tutta la passione che raramente si sprigiona in queste occasioni. Sarà stato per l’incontro audace di romanzo e di graphic novel, rappresentati rispettivamente da Mario Desiati e Giacomo Bevilacqua, con contaminazioni delle forme artistiche più diverse, tirate in ballo quando le parole non bastavano e allora serviva la poesia, o la musica, o qualsiasi cosa. O sarà piuttosto perché, alla fine, non si è parlato né di letteratura né di vita, ma di quella zona che sta nel mezzo, aerea, fluida, inclassificabile, che Hakuzwimana, in apertura dell’incontro, ha definito «tutto l’amore che uno scrittore mette nei suoi libri».

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E allora parliamo di amore, quell’amore che già ieri sera Alice Walker definiva fondamentale per la scrittura. Che, come qualsiasi amore, non è mai facile. I due libri presentati stasera, Spatriati di Mario Desiati e Troppo facile amarti in vacanza di Giacomo Bevilacqua sono libri che sanno far soffrire, va detto. Perché oltre che a suggerire la possibilità di una liberazione, specificano, descrivono, insistono sui motivi per cui quella liberazione è incredibilmente ardua da ottenere. Perché dopotutto le radici che ci tengono attaccati a terra e ci impediscono di muoverci sono anche quelle che ci sostengono, e non si è mai visto un albero che rinuncia alle sue radici. Eppure noi non siamo alberi, abbiamo bisogno di strade, di fluire, di andarcene, e poi magari tornare.

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E se non vi fidate della musica, fidatevi di Claudia, protagonista di Spatriati: «"Ci parli con gli alberi?” (…) Quello che conta della mia vita lo dico agli alberi, non lo scrivo sul diario. Purtroppo gli alberi hanno detto che c’è un problema tra noi.” “Quale?” “Non sei un albero.”»

L’andare, l’imboccare strade è la dimensione comune di Claudia e della Linda di Troppo facile amarti in vacanza. Un movimento faticoso alla ricerca della propria identità. Per affidarci di nuovo alle parole di Claudia, «È già difficile essere uguale a me, figuriamoci essere uguale agli altri». Ed è anche la fatica a emergere dal discorso dei due scrittori, soprattutto Bevilacqua, che ci racconta la fatica della vita dei disegnatori – che scopriamo essere eremitica, simile a quella dei lettori – e che soprattutto, a mò di profeta romanaccio, annuncia e fa esplodere in un applauso catartico quello che tutti noi stavamo pensando: che è bello ritrovarci qui tutti insieme, ma è anche strano, ansiogeno, un po’ sconcertante. Ritrovarsi è una fatica, ma la fatica non rende meno bella la bellezza.

Perché sì, si può essere più cose insieme. Si può essere una cosa e il suo opposto, e spesso, nella ricerca della propria identità, è proprio nell’accettare l’antitesi che si trova la sintesi. La condizione degli sradicati è la condizione di chi vuole non aver limiti e definizioni, non aver funzioni né classificazioni. Di chi sa di non sapere tutto, ma non ha paura di chiedere, di interrogare sé stesso e gli altri, perché sa che c’è sempre qualcosa in più da scoprire e tirar fuori. Di chi vuole tutto, e vuole essere tutto, e non si accontenta di niente di più facile.

Voglio provare ad esistere
La mia natura è resistere
E non mi importa di perdere
Quello che mi serve adesso è vivere

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