Somiglianze
11 9 2021
Somiglianze

Un dialogo intergenerazionale tra Lorenzo Babini e Milo De Angelis

È un dialogo intergenerazionale quello tra la poesia del trentenne Lorenzo Babini (classe 1990) e l’esperienza poetica di Milo De Angelis guidato dalle domande di un'altra giovane poetessa, Silvia Righi. Si parte con una lettura dalla prima raccolta di De Angelis, che, non a caso, dà il titolo all’evento: Somiglianze (1976).

Babini ha pubblicato nel 2016 per CartaCanta il suo primo volume Santa ricchezza e si confessa profondamente influenzato dalla poesia di De Angelis, che ha studiato anche per la sua tesi di laurea in Filologia moderna. Sostiene di aver meditato Somiglianze più di qualunque altra raccolta.

Si tratta di un libro corposo che tenta diverse direzioni e si offre a molte possibilità di sviluppo, che vengono poi riprese in raccolte successive, fino all’ultima Linea intera, linea spezzata, edita da Mondadori nel 2021.

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Somiglianze è un libro che celebra l’adolescenza dello sguardo, dell’essere nel mondo, dice Babini. L’adolescenza si configura come quel momento in cui si creano le grandi amicizie, le alleanze: le affinità elettive che dureranno tutta la vita e che hanno una matrice per lo più istintiva, biologica. Il cortile è nell’immaginario deangelisiano incarnazione spaziale dell’adolescenza, tutto ciò che sta fuori è lontano, all’adolescente non interessa.

Linea intera, linea spezzata è invece il libro della memoria. Un tema centrale è quello del ritorno, che serve a «conoscere qualcosa che mi aveva già conosciuto». La poesia si spalanca come una porta magica e ci permette di vedere ciò che eravamo già stati: si pone come uno svelamento più che come una fondazione.

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Ciò che del suo modello ha influenzato di più Babini è la pretesa di una parola che vuole essere un luogo di rivelazione, un luogo di verità, una parola che desidera essere esatta anche a scapito di una certa comunicabilità e musicalità immediata.

C’è nella produzione deangelisiana una sintassi fluida ed elastica che si prolunga, ma anche una precisione che scava il verso. L’imperativo all’esattezza rimane in tutte le opere: «esatto è un aggettivo, ma anche il participio passato del verbo esigere, che sta a significare una richiesta forte, intensa, frutto di una domanda urgente» spiega De Angelis, il quale a sua volta annovera tra i suoi maestri di esattezza Pascoli e Montale. La scrittura significa in questo senso tendere l’orecchio a una dettatura: è riportare su carta una voce misteriosa.

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