Sulle tracce degli orti di Mantova
10 9 2021
Sulle tracce degli orti di Mantova

Una passeggiata atipica con Stefano Scansani

In molti hanno cominciato a coltivare un piccolo orto nei vasi del terrazzo come abitudine di cura durante i lockdown anti-Covid, per altri è una pratica consolidata. Sono quasi un centinaio le persone accorse in piazza Sordello per un evento atipico: una passeggiata di circa due ore e mezzo alla scoperta degli orti urbani di Mantova. A guidarla è Stefano Scansani, autore della Gazzetta di Mantova, che apre l’incontro sostenendo che: «L’atteggiamento delle persone nei confronti dell’orto è ormai diventato astratto». Spiega che soltanto in tempi recenti i concetti di orto e giardino si sono separati: il primo come luogo della sussistenza, il secondo del verde per il godimento estetico. La radice etimologica della parola «orto», tuttavia, ha a che fare con l’origine: l’orto è ed è stato il luogo dell’inizio per tutti.

Il tour parte dal Palazzo Ducale: sulle note de Il ballo di Mantova il primo orto che vediamo è quello del giardino segreto di Isabella d’Este: un luogo intimo, riservato, il tentativo di ricostruire in casa il paradiso (termine quest’ultimo che non a caso deriva dal greco παράδεισος: «giardino, parco»).

Dal giardino segreto, nobiliare, si passa poi al giardino pubblico di piazza Lega Lombarda, dove i Gonzaga coltivavano la frutta e dove venne decapitata Agnese Visconti nel 1391. I mantovani vedono anche i luoghi più familiari con lenti diverse, scoprono aspetti sorprendenti:

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Scansani racconta che l’orto era per il contadino del Medioevo il luogo della sperimentazione, i cui prodotti non dovevano essere necessariamente consegnati al padrone. Mostra che ogni portone a Mantova contiene un giardino e spiega come poi sia diventato la prosecuzione della cucina, la sua appendice che doveva essere di facile accesso per prelevare gli ingredienti.

Scopriamo i fantasmi dei giardini di piazza Broletto, piazza delle Erbe, via Madonna dell’Orto, fino al chiostro e all’orto carolingio del convento del Gradaro. Lì ci aspetta una merenda ristoratrice dopo la lunga camminata e l’ultimo saluto con i versi di Eugenio Montale letti da Scansani.

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