Tra le braccia di Jesse
10 9 2017
Tra le braccia di Jesse

Talvolta sono invisibile

«Scrivere questo libro dopo la morte di Jesse mi ha dato la possibilità di passare ancora del tempo con lui, afferma Marianne Leone, con gli occhi lucidi, ma la voce sicura. Questo libro non ha avuto un effetto catartico su di me, non è possibile liberarsi di un dolore simile, semplicemente è stato un nuovo incontro» conclude raccontando del percorso che l’ha portata alla creazione di questo libro, pubblicato dodici anni dopo la morte del suo unico figlio.

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Nell’intenso incontro, tenutosi nel corso di questa edizione del Festivaletteratura, Marianne Leone, dialoga a cuore aperto con Davide Ferrario riguardo il figlio, dei diciassette anni in cui lei e il marito, Chris Cooper, sono stati al suo fianco, e hanno affrontato insieme la grave forma di tetraplegia di cui era affetto dalla nascita, accompagnata da mutismo e crisi epilettiche. Parlare della morte di Jesse per la madre non è semplice dopo tutti questi anni, soprattutto in seno alla cultura americana che considera il dolore e il lutto una forma di tabù e tende ad allontanare la sofferenza, a costo anche di negarla. Marianne, è proprio nelle sue radici italiane che ricerca speranza, in una spiritualità forte e alimentata dalla suggestione dei simboli religiosi cattolici.

«Quello che ho imparato stando al fianco di Jesse in quegli anni è stato ascoltare quello che non passa tra le parole» spiega la madre, ma i silenzi del figlio non sono mai stati un ostacolo per comunicare con gli altri e il mondo, in particolare con i bambini, che lo riconoscevano come uno di loro, andando oltre la diversità.

Jesse era anche un poeta, nonostante fosse bloccato in questo corpo silenzioso, riusciva a comunicare con un pc per poter comporre i suoi versi. La sua condizione di impedimento fisico non gli ha precluso di superare le barriere e rapportarsi agli altri, come per esempio il diritto ad usufruire del servizio scolastico. La battaglia per assicurare un regolare percorso nel mondo dell’istruzione, sia per Jesse che per altri ragazzi affetti da difficoltà fisiche, non è stato semplice, ed è durato due anni di lotte legali agguerrite; per questo motivo la coppia ha creato la Jesse Cooper foundation per permettere ai ragazzi come lui, che versano in condizioni di indigenza economica, di poter continuare a studiare.

Prima di concludere legge un’ultima poesia del figlio e alla domanda di Davide Ferrario riguardo a come pensa sarebbe stato suo figlio se fosse sopravvissuto, con un sorriso risponde semplicemente «sono certa sarebbe diventato scrittore».

Festivaletteratura