I sette freni alla nostra crescita nell'incontro con Carlo Cottarelli
Trovare docenti di economia con la chiarezza espositiva di Carlo Cottarelli è raro. A Festivaletteratura il direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica sale sul palco per presentare I sette peccati capitali dell’economia italiana, una piccolo saggio in grado di far capire al grande pubblico i vizi, economici e non, che hanno importanti ricadute sul nostro bilancio.
Il primo peccato è l’evasione fiscale. Cottarelli taglia corto: «Evadiamo più degli altri paesi»: una cartina al tornasole del fenomeno è fornita dall’IVA, che in Italia viene evasa al 24% (dati del 2015) mentre la media europea è dell’11%. «In Svezia poi – scherza – l’evasione è 0%. A volte pagano pure qualche euro in più».
Il secondo peccato è la corruzione: anche qui la nostra performance è peggiore del resto d’Europa, ma dati certi sono difficili da ottenere perché si possono fare solo sondaggi sulla “corruzione percepita”. «Da noi i sondaggi sulla percezione sono poco attendibili perché siamo abituati a flagellarci. In ogni caso, con ogni probabilità la corruzione in Italia incide più sulle grandi opere».
Al terzo posto si staglia ciò che Cottarelli – anche nell’intervista rilasciata alla redazione del Festival – confessa essere il peccato più grave dell'economia italiana: la burocrazia.
«Un’azienda di medie dimensioni con 100 dipendenti che fabbricano un prodotto deve avere 25 persone in ufficio a compilare moduli». Così si scoraggiano gli investimenti in Italia, perché aprire un’attività qui può risultare un’operazione infinita ed essere rallentata da migliaia di carte.
Produce lo stesso effetto la lentezza della giustizia, al numero quattro. Un’azienda per far valere i propri diritti in Italia ci impiega sette anni e mezzo, il tempo medio di un processo civile. Perché investire qui?
Vengono poi enumerati il crollo demografico, per cui siamo un paese vecchio che invecchia a ritmi significativi, e il divario tra nord e sud, a causa del quale un occupato al sud guadagna in media meno della metà di un collega al centro-nord.
Da ultimo, ci sono i rapporti con l’Euro. Anche a questo proposito, Cottarelli è molto schietto: «Uscire dall'euro sarebbe un errore. Sebbene non sia più possibile il gioco della svalutazione della lira, tornare a crescere con la moneta unica è possibile». D’altronde, malgrado tutte le critiche che possono essere mosse all’Europa, è un dato di fatto che essa abbia garantito per più di sessant’anni una convivenza pacifica tra gli stati membri. Cottarelli non si limita però a diagnosticare i problemi del paese, ma suggerisce anche una cura. Le soluzioni non sono immediate, ma non si può essere peccatori per sempre e, come per gli altri vizi, è necessaria tanta buona volontà.