Un festival tascabile
12 9 2020
Un festival tascabile

Come Festivaletteratura può infiltrarsi nella tua quotidianità e regalare un’esperienza intensa direttamente a casa

Letteratura: ed è subito libri, fogli, carta e inchiostro. Invece, quest’anno più che mai nell’era della digitalizzazione in cui viviamo, letteratura si traduce in computer, cuffie e wi-fi, chi lo avrebbe mai detto. Sicuramente per necessità, ma anche per avvicinarsi sempre più al mondo, ormai così vasto, del digitale, Festivaletteratura ha reso disponibili la maggior parte degli eventi di quest’anno online. Una grande fortuna, soprattuto per me che scrivo da una sedia nel mio giardino in Calabria, un bel po’ lontano da Mantova.

Mentre penso alle ore di treno e di caldo che sono riuscita ad evitare grazie a questa possibilità, ma che sicuramente dato il valore dell’esperienza non mi sarebbero pesate, mi chiedo anche quanto altro sto evitando, nel bene e nel male, restando nel mio piccolo paesino. Avrei imparato di più, vissuto di più, scoperto di più se in questo momento stessi camminando per le strade di Mantova? Credo di no, sono esperienze che insegnano cose diverse, ciò che ti può dare una non ti può dare l’altra.

Quel che è molto interessante di questo approccio è che un festival, che per definizione è un’esperienza da fare in loco, di persona, diventa un evento digitale fruibile da chiunque, ovunque. Questo rende possibile una condivisione esponenzialmente più vasta dei contenuti, che, oltre a diventare quasi “immortali” come la letteratura di cui si parla, restano disponibili online anche dopo la conclusione degli eventi. Ancora di più, questi contenuti diventano accessibili in un secondo senso: la partecipazione, non comportando necessariamente la presenza fisica, diventa possibile a chi non può dedicarsi quei cinque giorni per immergersi completamente nell’esperienza fisica.

Allora è il Festival stesso ad arrivare nelle nostre case, con format perfetti per essere inseriti nelle nostre quotidianità, senza pesarci, anzi, diventando l’intrattenimento stesso delle nostre giornate. Format come quello radio, che in questo periodo in cui i podcast stanno da una parte seguendo e dall’altra dettando le mode, risulta, diversamente da come può sembrare, non solo al passo coi tempi ma semplice da seguire senza dover rinunciare alle attività che ci eravamo prefissati, proprio come bravi studenti di questo nuovo mondo che tenta di insegnarci il multitasking.

Parlando di radio, la terza puntata di Panorama internazionale ha regalato quel viaggio in giro per il mondo che ora non possiamo permetterci di fare. Siamo passati dall’Iran alla Germania con il romanzo Sedici Parole di Nava Ebrahimi, scavando fino in fondo a quel senso di non-appartenenza, a quel conflitto interno o come lo definisce l’autrice a quel «sentimento di vergogna» che è comunemente vissuto da chi ha affrontato un’esperienza migratoria. Si è parlato di identità spezzate fra due luoghi, di realtà che vengono temporaneamente dimenticate nel passaggio tra un posto e l’altro, di pregiudizi legati a paesi e culture che spesso si rivelano ingannevoli e di come invece una lingua può forgiare chi sei.

Ci siamo poi spostati negli Stati Uniti con Patty Yumi Cottrell e il suo Scusate il disturbo, per comprendere come la nostra vita è la nostra più grande fonte di ispirazione, è il suolo dove giacciono le nostre idee, pur non essendo essa stessa il soggetto della nostra arte. La scrittrice ha parlato infatti di come, pur non essendo il suo libro autobiografico, la sua vita ha giocato un ruolo importantissimo di ispirazione e preparazione per la scrittura. Una scrittura amaramente divertente, adatta a farci leggere di un argomento fortemente destabilizzante come quello del suicidio, senza farci però ritrarre, spaventare. Seduta, con le cuffie strette nelle orecchie per ovattare i rumori dei lavori, delle auto che passano e persino il cinguettio degli uccelli, queste interviste mi sono sembrate vicine e intime, più di quanto sarebbero potute esserlo dal vivo, letteralmente come un discorso tenuto in un piccolo salotto.

(caricamento...)

Continuando a parlare di viaggio, la quarta puntata di Giusto in tempo ci ha catapultati in mondi molto distanti da noi, nel tentativo di comprendere questo grande mistero che è il tempo e se è possibile infrangerlo. Inizialmente ci siamo fatti guidare dalle parole di Samantha Cristoforetti, con le quali ha disegnato per noi una mappa della sua esperienza nello spazio. Ci ha parlato delle suggestioni che il tempo provocava in lei da bambina e di come hanno segnato il suo futuro, della bellezza non convenzionale che i suoi occhi hanno potuto ammirare fra le stelle e di come da lì sù tutto possa sembrare fermo ed eterno, in confronto con la nostra vita sempre in movimento e sempre mortale, temporanea.

Non ho potuto fare a meno di pensare al film di Nolan Interstellar, dove viene affrontato il tema della fluidità del tempo attraverso una storia che parla di un viaggio nello spazio, regalandoci anche immagini meravigliose che, forse, sono quanto più ci possiamo avvicinare a vedere quel che Samantha ha visto fra le stelle.

(caricamento...)

Alessandro Barbero invece, intervistato dal collettivo di ricerca teatrale Sotterraneo, ci ha portato a ragionare sulla quantità di informazioni che vengono create al giorno d’oggi in confronto al passato e di cosa questo voglia dire per la storia. Se quel che la storia ancora non può fare è capire fino in fondo come la gente si sentiva un tempo, cosa passava per le loro menti, come ragionavano, forse il nostro continuo condividere d’oggi potrà aiutare chi verrà dopo di noi a capire le nostre di menti.

I grandi eventi che segnano la storia sono definiti “grandi” proprio perché hanno interessato e coinvolto tantissima gente, afferma Barbero, e proprio per questo è importante capire la mentalità collettiva, tanto quanto, e forse anche di più, quella dei grandi personaggi dei quali tutti ci ricordiamo. Il grande quesito è come entrare nella testa di persone che non ci sono più. Ascoltare e ragionare su un concetto così difficile da afferrare e farlo sdraiata sul mio letto, con gli occhi chiusi, immaginando tutto quello che le parole descrivono, ha strutturato per me un’esperienza molto particolare, un po’ trascendentale, molto intensa, molto forte.

(caricamento...)

Forte come la passione che è trasparita dalla voce di Stefania Bertola nella terza puntata di Doppio Misto, nella quale ci ha raccontato E.T. A. Hoffman e i suoi mondi incantati. Dello stupore continuo nel leggere le sue opere, delle immagini che restano impresse, della meraviglia, del folle equilibrio; aprendoci le porte verso mondi nei quali, dice la scrittrice, bisogna sempre stare all’erta perché può succedere e apparire qualsiasi cosa.

(caricamento...)

Parlando di mondi dove tutto è possibile, anche associazioni apparentemente insolite, Memos: cosa c’entra Calvino con la letteratura? conduce nella visione della moda di Maria Luisa Frisa, che dialogando con Chiara Valerio, spiega come il metodo di Calvino l’ha aiutata a creare strumenti critici per approcciarsi alla moda. Partendo dalle Lezioni americane e rifacendosi, appunto, a questi scritti dell’autore, si cerca un metodo per interpretare la moda in quanto arte nuova, che si rinnova prendendo ispirazione da se stessa. Una moda che non è piatta e uniforme, ma dettata dalle attitudini personali e dagli sguardi buttati verso gli altri. Da Armani, passando per Chanel e Dior, racconta la moda come strumento di interpretazione della società, frivolo nella sua capacità di farci sfuggire verso cose più piacevoli, serio nella sua connotazione di arte.

(caricamento...)

Passando da grandi autori, nuove uscite, argomenti dai più complicati a i più piacevoli, il Festival mi ha fatto scoprire nuovi interessi ma anche nuove prospettive dalle quali affrontare quelli vecchi.

Unico nei temi affrontati, interessante nelle scelte dei format e dell'approccio agli argomenti, mi ha riempita di contenuti, informazioni, emozioni senza costringermi a cercarle dall’altro lato del mondo.

Festivaletteratura