Un Milione di informazioni
8 9 2018
Un Milione di informazioni

Un contatto con l’Oriente di valore inestimabile

«Dobbiamo andare in Cina e tornare indietro in un’ora scarsa». Così esordisce Giulio Busi, autore di Marco Polo, l’ultimo di tre lavori su celebri italiani: dopo aver parlato di Michelangelo e di Lorenzo de’ Medici, racconta le vicende dell’europeo più celebre in Oriente, accomunato agli altri due dalla grande curiosità e dal fatto di essere italiano. Nel suo intervento si propone di parlare dei viaggi del famoso mercante veneziano, di cui si è preso a cuore la storia al punto che spesso lo chiama semplicemente Marco.

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Il Milione non è un libro da leggere, ma come ci viene detto nel prologo da farsi leggere: questa idea, tipicamente medievale, è da far risalire al modo di intendere il libro come racconto da fruire insieme. E quest’opera, infatti, non è nient’altro che un racconto: Marco, da una prigione genovese dove era tenuto come ostaggio politico, racconta la propria storia a Rustichello, che scrive in una lingua rozza a metà tra il francese e l’italiano.

Partito da Venezia che era poco più che un bambino, a soli 17 anni, quando arrivò alla corte di Qubilai Qan piacque subito all’imperatore: gli venne affidata un’ambasceria, di ritorno dalla quale narrò tutto quello che aveva visto al sovrano, portando anche oggetti; sapeva infatti che Qubilai amava avere notizie di prima mano, specialmente da persone di cui si potesse fidare più che dei burocrati. L’importanza di Marco Polo sta proprio nel fatto che ha avuto occasione di guardare da dentro la burocrazia mongola, come nessun altro farà prima dell’Ottocento.

Il Milione è uno splendido esempio di letteratura medievale, come suggerisce il sottotitolo del libro, Viaggio ai confini del Medio Evo. A quell’epoca, infatti, il rapporto con il meraviglioso era molto diverso, più disinvolto: su tutti, spicca il fatto che Marco riferisca come, a Bukhara, un funzionario mongolo rimanga meravigliato da suo padre e suo zio. E la bellezza dell’opera sta proprio nel fatto che Marco, così coinvolto nella civiltà mongola, si faccia interprete non solo dei pensieri di un veneziano nei confronti dei mongoli, ma anche viceversa.

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