Un nuovo corso per l'Europa?
7 9 2018
Un nuovo corso per l'Europa?

Il vicolo cieco della governance europea e la via di uscita democratica

La disaffezione verso le forme tradizionali della rappresentanza politica, la rabbia nei confronti delle élites che attraversano oggi gran parte delle comunità occidentali sono sentimenti che trovano alimento nelle trasformazioni profonde che attraversano l'organizzazione dei sistemi economici e la natura stessa delle democrazie


«The era of national-based politics is over.»

Con queste nette parole, verso la conclusione del suo intervento al Festivaletteratura, Yanis Varoufakis introduce l'obiettivo centrale della sua azione politica: invertire la rotta dell'Unione Europea e democratizzarla compiutamente attraverso una forza politica paneuropea di forte matrice progressista, il Movimento per la democrazia in Europa 2025 (più brevemente DiEM25).

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Economista e accademico greco, ministro delle Finanze nel governo Tsipras da gennaio alla crisi politica di luglio 2015, Varoufakis è anche una carismatica figura di spicco nella critica alla governance macroeconomica dell'Eurozona. Tonia Mastrobuoni lo sprona, alla luce della recentissima uscita di Adulti nella stanza – una dettagliata, elogiata inside story della sua intensa e convulsa esperienza di governo – a ripercorrere alcuni episodi di quella stagione. Stagione iniziata, è utile ricordarlo, con la ferma intenzione del governo di SYRIZA di rinegoziare le draconiane condizioni di austerità del programma di aggiustamento economico definito dalla "troika"; e conclusasi con un responsabile cedimento alle dure proposte dell'Eurogruppo di fronte al rischio Grexit e con le dimissioni dello stesso Varoufakis.

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Traspare dalle sue parole una forte contrapposizione fra i popoli d'Europa, che, nelle parole del programma di DiEM25, «la crisi europea sta facendo chiudere [...] in se stessi, gli uni contro gli altri, amplificando nazionalismi preesistenti»; e un establishment di partiti e governi nazionali egoisti e miopi, di influenti banche francesi e tedesche, di una burocrazia europea prona ai loro interessi e non responsabile di fronte ai cittadini. In questo establishment Varoufakis include istituzioni europee come l'Eurogruppo ma anche la stessa Commissione Europea, succube di un processo decisionale deliberatamente disfunzionale che pure la pone in secondo piano. D'altra parte, si potrebbe aggiungere, è largamente riconosciuto che negli ultimi anni abbia avuto luogo nell'Eurozona una centralizzazione decisionale paradossalmente di tipo intergovernativo e non sovranazionale, dove cioè dominano gli Stati più potenti.

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La spinta progressista di Varoufakis lo porta a giudizi durissimi sui tradizionali partiti socialisti. La sua diagnosi del loro declino non si sofferma sui cambiamenti strutturali che dai "trent'anni gloriosi" (1945-1975) hanno alterato drasticamente il contesto internazionale: la fine del sistema monetario di Bretton Woods, lo shock petrolifero del 1973, le trasformazioni del mercato del lavoro. Varoufakis riconosce sì la genuina difficoltà di fare i conti, in quella fase, con un capitale finanziario in ascesa rispetto a quello industriale. Enfatizza, però, soprattutto le colpe di una socialdemocrazia che ha abdicato al ruolo di arbitro fra capitale e lavoro, a quello di forza di redistribuzione a vantaggio del welfare, che è stata «stregata dalla finanza», che ha «venduto l'anima al diavolo» anche per il proprio vantaggio politico.

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Da ultimo, come si è detto, Varoufakis lancia la sfida di un progetto progressista che fa di una solidarietà paneuropea la sua stella polare. Occorre dire che gli ostacoli non mancano, a partire da uno Zeitgeist che sembra viaggiare in direzione opposta. I sondaggi transnazionali mostrano ampie divergenze di vedute e di preferenze fra le popolazioni degli Stati europei, che forse le posizioni dei governi riflettono ed esasperano, più che creare. E resta anche il problema di una forza paneuropea che cerca sostegno in sfere pubbliche nazionali, in cui i mass media adottano punti di vista nazionali nel diffondere le notizie. Varoufakis, comunque, rimarca che oggi metà della popolazione dell'ex Repubblica Federale Tedesca sta peggio di dieci anni fa, come esempio che la situazione attuale non giova a nessuno e che difendere gli «interessi comuni» di spagnoli, tedeschi e altri popoli sia tanto possibile quanto necessario.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 26 “Classi dirigenti e classi subalterne in Italia” - Evento 89 “Il reddito di base” - Evento 126 “I nuovi sfruttati” - Evento 150 “La gente e il decoro” - Evento 202 “Un’economia senza peccati”.

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