Elif Shafak e Olga Campofreda parlano di identità, saggezza e compassione.
La conversazione tra Olga Campofreda e la scrittrice turca Elif Shafak ha tracciato un percorso attraverso situazioni e argomenti fondamentali, non solo a definire il pensiero della scrittrice, ma in grado di entrare nel vivo di questioni universali circa il rapporto che ciascuno ha rispetto alla propria appartenenza e identità.
Essere una migrante non significa infatti solo abitare in un altro paese a livello geografico, ma abitare anche un’altra cultura, un’altra lingua, elemento non indifferente per una romanziera. Shafak afferma di sentirsi innanzitutto una nomade linguistica, immigrata anche entro i confini della lingua inglese, che costituisce la sua terza lingua (dopo turco e spagnolo) e in cui scrive i propri libri.
D’altronde, la concezione che ha di "identità" non potrebbe essere più lontana dal concetto di qualcosa di fisso e monolitico: come tanti cerchi concentrici che increspano la superficie dell’acqua, l’identità di un individuo si plasma attraverso stratificazioni multiculturali, riprendendo un pensiero condiviso dai filosofi greci nell’ottica di un’idea della stessa più fluida.
È pertanto possibile esprimere un forte attaccamento alle proprie radici e alla propria terra - Shafak non mette mai in discussione l’amore che nutre per il proprio paese e la propria cultura, pur avendo trovato in Inghilterra una seconda casa - e al contempo sentirsi cittadini del mondo e dell’umanità, senza entrare in contraddizione con sé stessi.
L’analogia con l’acqua permette a Campofreda di introdurre nel discorso un’indubbia protagonista, filo conduttore dell’ultimo romanzo di Shafak I ricordi dell’acqua (Rizzoli, 2024), definito dalla stessa autrice nei termini di una “lettera d’amore all’acqua”. Una goccia d’acqua è infatti ciò che tiene insieme il romanzo e lo racconta attraverso luoghi ed epoche diverse, fungendo da collante in una vicenda appassionante e commovente che unisce la realtà di Arthur (ragazzino povero e privo di istruzione in età vittoriana) all’epoca di Assurbanipal, quella dei grandi manoscritti mitici come l’epopea di Gilgamesh.
Shafak spiega come la centralità dell’acqua non costituisca unicamente un espediente letterario ma intenda sottolinearne l’importanza in quanto elemento che non dovrebbe mai essere dato per scontato, in riferimento alla crisi climatica e alla carenza di acqua potabile che riguarda principalmente tutti i paesi del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale.
L’acqua, come forza connettiva, diventa pertanto lo strumento per dar voce a verità urgenti che concernono vari aspetti della società, e per Shafak raccontare questa realtà è uno dei ruoli di arte e letteratura, che dispongono dello spazio, della calma e della saggezza che non possono essere cercati nella polarizzazione mediatica.
Il palcoscenico letterario diviene per l’autrice un luogo dove mettere in luce problematiche quali l’appropriazione culturale dei musei - una delle ambientazioni principali del romanzo è proprio il British Museum - consentendole però di sviluppare tale problematica in tutta la sua complessità, senza mettere in dubbio l’individuale dedizione e passione di archeologi e storici.
Citando T. S. Eliot e i tre gradi del sapere da lui distinti (informazione, conoscenza e saggezza) Elif Shafak parla dell’informazione al giorno d’oggi come di una nemica della conoscenza, che raggiunge ciascuno con l’illusione di sapere e la presuntuosa incapacità di ammettere la propria ignoranza, quando la vera saggezza non è certo a portata di click. La letteratura è l’antidoto a questo male, una sorta di giardino interiore in cui la conoscenza può germogliare, genuina, in un dialogo continuo con altri esseri umani.
Il pubblico ha accolto Elif Shafak con grande affetto e ammirazione per i suoi romanzi - vengono citati La bastarda di Istanbul(2007), Latte nero (2010) e L’isola degli alberi scomparsi (2021), tutti editi da Rizzoli - dandole modo di esplorare in modo più personale le difficoltà e vulnerabilità di essere una romanziera turca: i provvedimenti presi dalle autorità turche contro tre dei suoi romanzi le hanno imposto un autoesilio a Londra. Allo stesso modo, individuano in una forma di umorismo compassionevole la via di salvezza dalla depressione, ricordando infine a tutti che laddove le storie ci uniscono e ci mantengono uniti, il silenzio crea tra noi abissi.