Una scuola al quadrato
10 9 2022
Una scuola al quadrato

Cooperativa, democratica, aperta, libera: parole e proposte per immaginare la scuola di domani

Dopo il brainstorming all’aria aperta dell’anno scorso realizzato in via Goito che, grazie alle Calamite per la scuola, ha permesso di raccogliere idee, suggerimenti, visioni per una nuova scuola, il Festival ha deciso di proseguire la sua attività didattica facendo un passo ulteriore, elevando a potenza la questione candente di come ripensare l’istruzione e l’educazione scolastica.

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Ecco che una “Scuola al quadrato” si fa custode di quel tesoro, lo trasforma e prova a metterlo in azione. Dopo aver raccolto le foto inviate dai docenti di molti istituti della penisola la scorsa primavera sul tema della scuola che ci piace o che ci fa star bene, al pubblico è offerta la possibilità, durante la settimana, di costruire dei collage fotografici alternati da alcune parole-chiave che possano aiutare a immaginare la scuola del futuro, con l’obiettivo di raccontare tante scuole possibili.

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Piazza Alberti si è trasformata perciò in uno spazio di confronto collettivo, arricchito da un ciclo di interventi di pedagogisti, maestri e storici dell’educazione che accompagnano il pubblico e ampliano il dibattito sulla scuola del presente e del futuro.

A inaugurare la serie è stato Franco Lorenzoni che ha riportato al centro dell’attenzione la dimensione dell’ascolto attivo in classe, del dialogo con gli alunni e le alunne come unità di misura dell’agire pedagogico in quanto unico modo per creare realmente una scuola attenta alle esigenze e ai bisogni di tutti, che sta dalla parte dei ragazzi e li accoglie nelle loro differenze e nelle loro peculiarità. Un ambiente vivace, libero, aperto, ricco che deve fare del sapere non un mero oggetto da trasmettere quanto uno specchio in cui riflettersi e rimbalzare per comprendere meglio se stessi.

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Un lavoro di osservazione, annotazione dei movimenti e dei cambiamenti degli studenti che porta quindi ciascun insegnante a interrogare la parola, a porsi e a porre domande continue, creando un processo dialettico necessario per rendere l’insegnamento un’esperienza comunicativa e non soltanto pedagogica. La relazione in classe si instaura infatti anche attraverso le parole che rivolgiamo ai nostri studenti, quindi è opportuno andare nel profondo di esse, esplorarle per rendere definitivamente l’istruzione efficace.

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La scuola libertaria è un esempio di questa efficacia, facendo della relazione fra adulti/docenti e ragazzi il suo punto di forza. Una forma di educazione che modifica la visione tradizionale della trasmissione del sapere. Un’istruzione che funziona è infatti quella dove la collaborazione e la cooperazione sono centrali. Il sapere non si costruisce in modo impositivo e frontale-trasmissivo, ma attraverso un rapporto reciproco di scambio che produce un apprendimento condiviso. Di questo ha parlato Francesco Codello, offrendo così l’immagine di una scuola aperta, democratica, sperimentale, libera e attenta ai bisogni educativi degli studenti.

Il cooperative learning è infatti una delle metodologie didattiche che più spesso si sente nominare nei documenti scolastici attuali, talvolta con quel carattere esotico con cui si accoglie la novità proveniente dall’estero. Tuttavia la storia della scuola italiana del Novecento è segnata da molti esempi di apprendimento cooperativo. Una delle esperienze più importanti, ricorda la storica dell’educazione Vanessa Roghi, è stata quella del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), nato nel 1951 che, con la scrittura collettiva e altre attività messe in pratica, immaginava una scuola animata da un clima sereno e favorevole alla comunicazione vera e all’ascolto reciproco. Mario Lodi, la scuola di Barbiana di don Milani sono soltanto alcune delle figure che hanno segnato la storia dell’istituzione scolastica in Italia, trasformandola dal luogo dell’imposizione, dell’obbligo e della coercizione in un ambiente positivo che stimola la creatività e la crescita degli studenti. Un percorso di evoluzione che è andato di pari passo con molte riforme del sistema scolastico, come la nascita della scuola media unica o l’istituzione del tempo pieno, che però ha avuto una battuta di arresto a partire dagli anni Ottanta, quando si è iniziato progressivamente a smantellare lo stato sociale. L’esperienza cooperativa a scuola è diventata sinonimo quindi di lassismo, di qualcosa di facile. L’aggettivo “democratica” associato alla parola “scuola” ha finito con il favorire un ritorno a una scuola trasmissiva e autoritaria. Tuttavia puntualizza Roghi, in dibattito con Marco Mongelli, quando si parla di scuola ci vuole ecologia linguistica, è necessaria una certa sensibilità per non cadere in luoghi comuni.

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L’esperienza del MCE è motivo infine per riflettere sulla necessità da parte della corpo docente di fare squadra per condividere esperienze, storie che ci possono aiutare a costruire qualcosa di nuovo. Sicuramente il periodo di emergenza dovuto alla pandemia ha imposto un cambiamento nel modo di vivere l’esperienza educativa e la tecnologia ha inciso molto nel ristrutturare e ri-codificare la relazione insegnanti-studenti. La DaD ha stravolto la scuola italiana, ancora poco avvezza all’uso diffuso del digitale, ed è stata spesso demonizzata in quanto portatrice di isolamento fra le persone. Tuttavia gli strumenti digitali al servizio dell’istruzione e della formazione possono essere una risorsa molto valida per migliorare o mettere a punto una nuova proposta educativa. Con l’aiuto di Paolo Landri, il pubblico approfondisce quindi quali strategie e piattaforme possono essere realmente utili al cambiamento del modo di fare scuola, la quale deve preparare i cittadini ad affrontare la complessità del mondo.

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Il tema dell’educazione all’aria aperta diventa perciò la metafora conclusiva con cui si chiude questo ciclo di incontri. Prepararsi al futuro richiede infatti contesti di apprendimento reali; una scuola che educhi alla relazione deve uscire fuori, aprirsi inevitabilmente al cambiamento, farlo proprio. Perché soltanto con un rapporto concreto con la natura e l’ambiente circostante è possibile elevare all’ennesima potenza il valore di un’educazione che contribuisca a sviluppare coscienze critiche e creative.

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