Uno spiraglio nel buio della dittatura cilena
7 9 2018
Uno spiraglio nel buio della dittatura cilena

Nona Fernández presenta "La dimensione oscura"

Cile 1984, nel pieno della dittatura: un giorno l’agente dell’intelligence Andrés Antonio Valenzuela Morales si presenta nella redazione di una rivista d’opposizione per raccontare tutte le sparizioni, le torture, gli omicidi di cui è stato artefice e testimone, aprendo uno spiraglio senza precedenti nella dimensione più oscura della Storia cilena.

Da questo episodio di cronaca nasce La dimensione oscura di Nona Fernández, non un romanzo, non un’inchiesta giornalistica, non una biografia (ma tutto questo e anche di più) presentato oggi a Festivaletteratura dall’autrice insieme a Michela Murgia. «Una narrazione alla Black Mirror», lo definisce la Murgia. Una situazione surreale, ai confini della realtà, che spesso però si rivela profetica e disvelatrice. La confessione di quello che poi verrà rinominato “L’uomo della tortura”, infatti, diede inizio a molte delle cause in difesa dei diritti umani che determinarono la fine della dittatura di Pinochet, rompendo definitivamente il patto di silenzio imposto ai militari.

«Lessi il reportage nato dalla testimonianza di Valenzuela Morales quando avevo 12/13 anni» racconta Fernández «ma una frase continuava a risuonarmi in testa: quella in cui lui diceva di non poter dormire per la puzza di morte che si sentiva addosso». Valenzuela Morales aveva iniziato il servizio militare obbligatorio sotto la dittatura, inizialmente si occupava di controllare i prigionieri politici, poi, dato che era un soldato diligente, gli era stato affidato il compito di rastrellare e saccheggiare le case dei dissidenti politici, infine di arrestarli, interrogarli, torturarli e a volte persino ucciderli. «Quella che noi leggiamo nel libro, però, è la sua “conversione”, da Uomo della Tortura a Uomo della Verità» sottolinea la Murgia. Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: insieme alla storia di Valenzuela Morales, Fernández racconta anche le storie delle sue vittime, la più sorprendente è quella di tre fratelli iscritti al partito comunista, catturati e torturati dallo stesso Valenzuela Morales. Dopo più di un mese di detenzione, due dei tre fratelli tornano a casa; il terzo, per salvarli, ha deciso di collaborare ed entrare nelle fila della dittatura. «Ci hanno insegnato che la Storia è fatta di buoni contro i cattivi, ma quando guardi la Storia dal punto di vista delle persone non è tutto così categorico, i cattivi non sono affatto distanti da noi. Quando la grande Storia ti travolge, ti cade letteralmente addosso, tu, uomo comune devi fare una scelta, e non è mai la più scontata» spiega l’autrice. Tutti siamo ugualmente potenziali vittime e carnefici. Basta pensare all’introduzione delle Leggi Razziali proprio 80 anni fa, in cui l’omertà della popolazione civile ha reso possibile che milioni di cittadini italiani venissero privati dei diritti civili fondamentali a causa della loro religione, ricorda Michela Murgia.

Imparare dalla Storia non è mai semplice, soprattutto quando la memoria di un episodio traumatico non è stata sufficientemente masticata, digerita e rielaborata. Nel 2010 a Santiago del Cile è stato inaugurato il Museo della Memoria e dei Diritti dell’Uomo, il cui progetto era iniziato con Pinochet ancora in vita. Un museo che nel romanzo di Fernández viene presentato come incompleto, insufficiente, complice di sedare la memoria collettiva cilena, rendendola qualcosa di ufficiale, quindi statico.

«Io credo in una memoria diversa, una memoria attiva e per questo pericolosa, che non sempre ci consente di arrivare a una riconciliazione» dice l’autrice, parlando anche del ruolo fondamentale della letteratura nel creare una memoria collettiva che compensi i vuoti e metta in luce la dimensione più oscura di quella ufficiale.

Il racconto che Nona Fernández fa della dittatura cilena, infatti, è molto distante da quello dei libri di Storia: è intriso di cultura pop, dalla sigla dei Ghostbusters a We didn’t start the fire di Billy Joel, ed esplode nelle ultime pagine del libro in un canto epico che, nelle parole di Michela Murgia, «sostituisce tutti i libri di scuola che il Cile non è ancora in grado di scrivere», in cui la Storia del paese, quella di Valenzuela Morales e quella di Nona si mischiano continuamente. «Non era nei miei piani, ma alla fine mi sono resa conto che stavo scrivendo un libro per la mia generazione: noi che siamo stati bambini durante la dittatura e che avevamo 16/17 anni quando è arrivata la democrazia» conclude Fernández «Volevo urlare che non ce lo meritavamo. Come dice Billy Joel, noi non abbiamo acceso il fuoco, eppure siamo qui a cercare di spegnerlo».

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