Vegetalizzare l'uomo
12 9 2021
Vegetalizzare l'uomo

Emanuele Coccia, Laura Tripaldi: Rivoluzionare paradigmi a passi lenti

C’è una divisione che permea la nostra società e che riguarda la contrapposizione tra scienze naturali e scienze sociali. Fuori dalle cattedre universitarie questa è una questione politica. Nel momento in cui ci riferiamo ad una città trattando esclusivamente di pietre e persone (palazzi storici e gente che la abita), rischiamo di trascurare tutte le questioni riguardanti l’ecologia: dagli animali degli allevamenti ai grani che ci nutrono. In questo scenario risulta lento e a volte impossibile prendersi carico a livello di amministrazione di queste problematiche.

Le piante, afferma Emanuele Coccia hanno la capacità di far coincidere mente e corpo, superando il dualismo cartesiano. Per secoli la prova evidente della presenza di una mente è stata il seme: una porzione di materia che produce forme perfette a partire da se stessa e dentro se stessa. L’associazione intelligenza-cervello che si è andata affermando negli ultimi tempi perciò non è indiscutibile. Anche dalle ricerche di Laura Tripaldi emerge una certa autonomia della materia: per quanto sembri essere l’uomo a impartire la sua volontà sulla sostanza, essa ha in realtà una sua verità. Il chimico stesso, sintetizzando con le sue mani l’oggetto del proprio studio, si trova nella posizione in cui è la teoria ad inseguire la materia e non il contrario, in un processo collaborativo tra le due parti.

Emanuele Coccia, sollecitato dalle domande di Matteo de Giuli, spiega che stiamo accumulando sempre più prove del fatto che tutto ciò che ci circonda è un soggetto: dai delfini che si chiamano per nome ai dialoghi delle api. E se nel 1818 Friedrich dipingeva un viandante immerso in un silenzio assordante, nella contemplazione della natura circostante, con le conoscenze odierne ci approcciamo a quella stessa natura come ad una metropoli di Nuova Delhi. Si tratta di lasciar andare una serie di dogmi che ci sembrano necessari ma invece non lo sono e detronizzare l’uomo. Si tratta di comprendere che all’interno del nostro DNA ci sono le caratteristiche di tutte le specie che ci hanno preceduto, dal primo istante di vita sulla terra. Si tratta di comprendere che non stiamo antropomorfizzando la pianta, ma vegetalizzando l’uomo nel momento in cui asseriamo: “la pianta pensa”.

Non è possibile pensare a questo cambio di paradigma come una di quelle rivoluzioni scientifiche che avvenivano nel Novecento, ci ricorda Laura Tripaldi. È un processo lento che nasce da un confronto graduale e mediato, che genera una complessità che dobbiamo affrontare. Si deve eliminare l’idea che se l’uomo smettesse di fare l’uomo, le diverse specie andrebbero nella direzione del loro bene, perché la scienza ci insegna che la maggior parte delle specie non sa cosa sia il suo bene e fa scelte che portano all’estinzione. È solo comprendendo e collaborando con la fragilità degli equilibri che ci circondano che la politica potrà diventare una chiave ed una risposta immediata.

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