Verde d'amore
14 9 2015
Verde d'amore

Un centro organizzativo definito, e le rimanenti appendici esecutive dell'apparato: così automaticamente ci si struttura in testa il modello di un corpo, o ente, che sia in grado di operare. Ma su questa terra non ci sono solo cose come siamo abituati a immaginarle; tutto intorno a noi qualcuno si è sistemato differentemente. Facendo una specie di overview del pianeta, sorprendentemente salta fuori che non siamo noi animali a risaltare come forme di vita più adattate, più progredite: una traccia dell'ordine dello 0.1% (su un ipotetico peso totale di tutti i viventi) racchiuderebbe tutto ciò che la specie umana, assieme a tutti gli altri quadrupedi, pesci, striscianti e così via, rappresenta. "Dominazione di vita di tipo vegetale con minime, irrilevanti, tracce animali" sarebbe insomma la sintesi.

Eppure su espressioni quali plant behaviour, intelligenza vegetale o coscienza di una pianta verrebbe da sorriderci quasi fossero sciocchezze. Tanto che, nelle lingue occidentali, "stato vegetativo" indica assenza di percezione e calcolo. Stefano Mancuso viene al Festival a gettare un po' di luce su questa realtà che, piano piano, fin dalle prime considerazioni di Darwin (e prima ancora), viene esplorato da pioneri che rimangono nascosti; importanti, ma in maniera tanto meno apparente quanto meno diretto è il riscrontro che si percepisce dalle loro scoperte. In sostanza: se per intelligenza ci sintonizziamo sulla "capacità di risolvere problemi", allora una pianta ne ha. Stefano si esprime con concetti semplici. Una formica a cui una pianta dà del nettare difenderà la fonte del nettare, e se quest'ultima percepisce la difesa della formica come valida, efficace, scattano meccanismi che aggiungono al nettare sostanze in grado di creare dipendenza, di fatto droghe, in maniera da manipolare le formiche obbligandole a restare lì. In questo caso la presenza di un altro ente, la formica, è stata percepita, e il problema della propria protezione risolto.

Dalla mera sopravvivenza si sale anche a livelli più alti, quali strutture sociali con vincoli di parentela interni alla specie stessa. Due fagioli rossi, crescendo insieme, rassicurati dalla presenza l'uno dell'altro (della quale sono consci), svilupperanno apparati radicali meno imponenti in quanto non sono tenuti a concorrere per il territorio; uno rosso e uno bianco si imbarcano in una lotta estenuante per coprire quanto più terreno il prima possibile, per non soccombere all'altro. Non solo radici, foglie e rami quindi che stanno lì, fermi, ma organismi che si muovono ed interagiscono con l'ambiente allo stesso modo con cui fa un animale.

"Ma... il cervello?", chiedono. "Strano" -risponde Stefano - "come lo stesso tipo di domanda non venga posto quando, parlando della respirazione che ogni santo albero effettua, non si trovino i polmoni". Fondendo la visione evoluzionistica del successo quale capacità della specie di 'spargersi' e l'idea di internet, Stefano propone un'idea diversa di organismo, il cosiddetto "modello distribuito", che non muore se una parte di sé perisce (come capita a noi e non ad, appunto, internet, che continua ad esistere anche se uno, due o mille siti vengono chiusi) e le funzioni, adibite nell'animale a specifici organi, vengono invece "distribuite".

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