Vittime e carnefici, giudicanti e giudicati
12 9 2015
Vittime e carnefici, giudicanti e giudicati

Primo Levi: un uomo, mille vite

Un uomo è solo ciò che vediamo o ciò che si nasconde dentro di lui? È probabile che la necessità di etichettare porti le persone a vedere solo alcune parti dell'altro? Forse una visione critica è la chiave di lettura per decifrare al meglio le opere di Primo Levi. Lo scrittore, riconosciuto veramente tale solo negli ultimi anni, ci ha mostrato grazie ai suoi lavori che il punto di vista e il modo in cui si guarda alle cose varia, che un uomo non è solo un uomo.

La sua vita è la prova di tutto ciò, un uomo poliedrico, di religione ebraica, piemontese, scrittore, lavoratore, partigiano, testimone delle brutalità naziste, saggista, poeta, padre e molto altro ancora. Molto altro ma non una vittima. Nella sua vita infatti non si definirà mai tale, anche dopo la liberazione dai campi di lavoro nazisti nel quale rimase per oltre un anno.

Marco Belpoliti ospite del Festivaletteratura, docente di sociologia della letteratura, ci porta in un viaggio alla scoperta di Primo Levi, mettendo in luce la sua vita e l'importanza delle sue parole, svelandoci cosa c'è oltre il testimone che tutti conoscono.

Levi usa le armi della letteratura” afferma Belpoliti. Armi che questo “genio comune”, come definito dall'autore, ha costruito in anni di studio e che permettono ad oggi di considerare le sue opere dei classici vivi, perché i temi con i quali si confronta sono i temi con i quali ci misuriamo quotidianamente. Cosa si intende però per armi letterarie? La fluidità espositiva, il sapersi distaccare dalla storia confrontandosi con la realtà biografica e trasformandola in verità letteraria, la mancanza di giudizi contro l'uno o contro l'altro. Tutte cose che Levi riproduce nei suoi testi e nella vita: la letteratura gli ha concesso gli strumenti per interiorizzare gli eventi ma senza interpretare mai la parte della vittima. Il titolo di Se questo è un uomo, così come il suo contenuto, richiama a una doppia rappresentazione: nelle sue parole non descrive solo la condizione dei seviziati, ma anche quella dei carnefici, mostrando come sia possibile per le persone interpretare entrambi i ruoli. Il riferimento diretto è quello alle guardie naziste costrette a attuare comportamenti violenti pur non desiderandolo, o più velatamente agli ebrei stessi, forzati a usare violenza contro i propri compagni all'interno dei lager. Ciò che rende Levi memorabile e ancora attuale è però la sospensione del giudizio nei confronti di questi soggetti, un giudizio fin troppo morale perché possa essere espresso da un tribunale, figurarsi da un “genio comune”.


(caricamento...)

(caricamento...)

Festivaletteratura