Charcuterie
Chika Unigwe
s., dal fiammingo: salumi
Festivaletteratura salumi

My word is charcuterie. Charcuterie is a borrowed from French and covers a range of spreads: cold cuts and pates that go in a sandwich. There is a certain elegance to the word, to the way it is pronounced that I keep imgaining that if it were human, it would look like Bianca Onoh, a one time Miss Nigeria with long, long legs and an effortless sway. Charcuterie was one of the first Dutch words i learnt and both its beauty and its compactness captured me. It was fascinating to discover that this one word covered an ex- panse of culinary territory. I remember a young Belgian student of mine once asking me the English equivalence of charcuterie and unable to provide him with more than its aproximation, I called up my professor who in turn appealed to his English wife for help. her response was, “It’s got no exact translation in English. We, English, don’t do sandwiches well!”
Charcuterie shows the extent to which the lowly bread is revered in Belgian cuisine. Typical charcuterie on an average table would include, I suppose, finely sliced horse meat; chicken curry; salami (with or/and without garlic); smoked salmon; ham; a choice of cheese.
It shows that the Belgians enjoy to sit down to a meal. Dining is almost an art. It must not be rushed. What better way to get people to sit down and take their time to eat than elevating even a sandwich meal to haute cuisine. And certainly in a world which is becoming increasingly fast paced, this is a virtue to cosset.
Every wednesday schools close before midday (for the day) so that pupils can go home and eat lunch with their families. I am sure someone wise once said something positive about families who eat together. And if I may extrapolate that to nations, there must be a powerful sense of community in a nation where families eat together. And everytime my family and I sit around our bread and charcuterie, I am reminded of that and I am grateful for the charcuterie which forces us to take even the simplest meal, seriously.

La mia parola è charcuterie. Charcuterie è un prestito dal francese e comprende una vasta gamma di “companatici”: affettati e paste spalmabili utilizzati per farcire panini. C’è una certa eleganza in questa parola, nella maniera in cui è pronunciata, tanto che continuo a immaginare che, se fosse umana, avrebbe l’aspetto di Bianca Onoh, un’ex Miss Nigeria dalle gambe lunghissime e dalla disinvolta camminata ancheggiante. Charcuterie è stata una delle prime parole olandesi che abbia imparato, e sono rimasta ammaliata dalla sua bellezza e dal suo spessore. E' stato affascinante scoprire che questa parola copriva da sola un territorio culinario così esteso.
Ricordo che una volta un mio giovane studente belga mi chiese la parola equivalente inglese e che io, incapace di fornirgli qualcosa di meglio di un’approssimazione, chiamai il mio professore che a sua volta si rivolse alla moglie inglese. La sua risposta fu: “Non ha una traduzione esatta in inglese. Noi inglesi non siamo bravi a preparare panini!”
Il termine charcuterie mostra fino a che punto l’umile pane sia venerato nella cucina belga. La charcuterie tipica comunemente messa in tavola include, direi, carne di cavallo affettata finemente, pollo al curry, salame (con e/o senza aglio), salmone affumicato, prosciutto e una scelta di formaggi.
Questo mostra che i belgi amano consumare i pasti seduti. Cenare è quasi un’arte. Non deve essere fatto di fretta. Quale miglior modo di indurre le persone a sedersi e prendersi il tempo di mangiare, che elevare persino un pasto a base di panini al rango di alta cucina? E certamente, in un mondo che procede a passo sempre più veloce, questa è una virtù da coltivare.
Ogni mercoledì la scuola finisce entro mezzogiorno, in modo che gli alunni possano andare a casa e pranzare con le loro famiglie. Sono sicura che qualcuno di saggio una volta abbia detto qualcosa di positivo sulle famiglie che mangiano insieme.
Volendo estendere il concetto alle nazioni, in una nazione in cui le famiglie mangiano insieme non può non essere radicato un forte senso della comunità. E ogni volta che io e la mia famiglia ci sediamo intorno al nostro pane e charcuterie, ci ripenso e provo gratitudine per la charcuterie che ci obbliga a prendere sul serio anche il più semplice dei pasti.



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