La melodia del distacco
7 9 2019
La melodia del distacco

Gioia e dolore della partenza nel folk-jazz albanese di Elina Duni

Venerdì sera il teatro Bibiena ha visto ospite la cantante e polistrumentista albanese Elina Duni, che si è esibita in un concerto dal titolo Partir, ispirato al suo ultimo album omonimo. Il leitmotiv della serata è stato, com’è intuibile, l’esperienza dell’esilio, che si ritrova a partire dalla vita della stessa Duni: nata in Albania nel 1981 in una famiglia di artisti che mal sopportava le imposizioni del regime di Hoxha, fugge dal paese nel 1992, all’indomani della fine del comunismo, trasferendosi prima a Lucerna e poi a Ginevra, dove frequenta il conservatorio. Trasferitasi a Berna, studia canto e composizione alla locale università, in cui si specializza in jazz; la sua musica tuttavia rifugge l’aderenza a un solo genere e unisce il jazz alle tradizioni musicali popolari albanesi, ma non solo: i suoi testi sono anche in bulgaro, romeno, turco, tedesco, greco, inglese, francese.

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Un “partire” quindi che è in primo luogo quello del distacco forzato dalla propria terra, dalle proprie radici e affetti, in cerca di un futuro migliore lontano da casa, ma anche, allo stesso modo, quello di un addio, di una separazione, di una svolta della propria vita per lasciarsi alle spalle il passato in vista di una nuova fase, di un nuovo futuro. Partenza che è sì sempre causa di dolore, ma che racchiude dentro di sé anche il germe della gioia e può insegnare a essere persone nuove senza perdere comunque mai il contatto con il passato, con le radici, con ciò che eravamo: perché è solo grazie all’unione di passato e presente, di vecchio e nuovo, che possiamo diventare individui migliori, più completi e capaci di affrontare al meglio le sfide della vita, grandi o piccole che siano.

Come nel kintsugi, l’arte giapponese di riparare ceramiche rotte utilizzando oro o argento liquido in modo da rendere ben visibili le crepe: in questo modo l’oggetto rotto riprende forma, e diviene ancor più bello proprio a causa delle sue lesioni, in quanto esse sono ciò che lo caratterizzano, che lo rendono speciale.

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«Pathei mathos» insomma, «attraverso la sofferenza si impara, si diventa migliori». È questo il messaggio che si può cogliere nella musica di Elina Duni, un’unione di melodie estremamente evocative eseguite alla chitarra, al pianoforte o semplicemente con l’accompagnamento di un tamburo, dove si mescolano canzoni popolari albanesi e brani di artisti occidentali, come Je ne sais pas di Jacques Brel, Meu Amor di Alain Oulman e Amara terra mia di Domenico Modugno. Il tutto coronato da una bellissima voce soul perfettamente modulata, e dalla forza di chi, lo si vede, nella propria vita sa bene cosa Partir voglia dire davvero.

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