Un ricordo del narratore Antonio Skármeta (1940-2024), ospite a Festivaletteratura nel lontano 2002
Ci sono scrittori il cui nome è talvolta surclassato dallo straordinario successo delle proprie opere, e il cileno Antonio Skármeta, venuto a mancare in questi giorni, è senza dubbio uno di questi.
Divenuto noto in Italia soprattutto grazie al romanzo Ardiente paciencia (1985), tradotto da Garzanti con il titolo Il postino di Neruda e impresso nell’immaginario collettivo per essere stato la base dell'ultima, memorabile interpretazione cinematografica di Massimo Troisi – che si innamorò dell'opera acquisendone i diritti e avvalendosi della regia di Michael Radford per portarlo sul grande schermo nel '94 insieme a Philip Noiret e Maria Grazia Cucinotta –, Skármeta è stato autore di storie piene di passioni amorose e politiche, filtrate da uno stile narrativo pieno di ironia e leggerezza che egli amava definire «realismo poetico». Nato nel 1940 ad Antofagasta, nel Nord del Cile, da una famiglia di origini dalmate, cominciò a scrivere fin da bambino, si laureò in filosofia e completò gli studi negli Stati Uniti. La sua vita, al pari di quella di molti suoi connazionali, fu segnata dal golpe militare e dalla fuga in Europa: visse a lungo in Germania, e in esilio compose splendidi romanzi come Sognai che la neve bruciava e Non è successo niente, per poi rimpatriare in Cile nel 1989. Nei decenni successivi ha continuato a scrivere, lavorando anche per il cinema e la televisione, e dalla sua pièce teatrale El Plebiscito, incentrata sul referendum che segnò la fine del regime di Pinochet, il regista Pablo Larraín ha tratto nel 2012 il film No! – I giorni dell’arcobaleno.
È stato ospite a Festivaletteratura una sola volta, nel lontano 2002, e oltre ad aver presenziato a un evento per ragazzi alla Loggia del Grano, fu protagonista del bell’incontro che vi riproponiamo quest’oggi, accompagnato dal giornalista Maurizio Chierici e dall’interprete Giovanna Weber poco dopo l’uscita in Italia del romanzo La bambina e il trombone. È un’intervista che entra a pieno titolo tra i memorabilia del Festival per la delicatezza degli intrecci tra fanciullezza e memorie di migrazione, tra storia e immaginazione, sorretta da una riflessione a tutto campo sul senso dello scrivere: «Tutta la mia letteratura si genera nella tensione tra ciò che siamo e ciò che vogliamo essere ed è da qui che traggono origine la commedia e la tragedia». Buon ascolto!