Una città in libri: San Pietroburgo
7 9 2015
Una città in libri: San Pietroburgo

di Gian Piero Piretto

Gian Piero Piretto è il curatore, insieme a Luca Scarlini, di "Una città in libri", una bibliografia dedicata a San Pietroburgo che sarà liberamente consultabile durante Festivaletteratura presso la Tenda dei Libri (qui potete scaricarla in pdf). In questo articolo Piretto ci introduce all'oscuro fascino della capitale russa, che fin dalla sua fondazione ha attirato l'attenzione di innumerevoli scrittori ispirando romanzi, racconti, poesie, odi, poemi, diari, saggi.

IL FAVOLOSO INGANNO DI PIETROBURGO [di Gian Piero Piretto]

Relego Dostoevskij al secondo posto e riservo la prima citazione allo scrittore simbolista Andrej Belyj che, nel suo romanzo intitolato Pietroburgo e ispirato proprio alla fantasmagorica città, scrisse tra l’altro: «Pietroburgo non esiste. Dietro Pietroburgo non c’è nulla». Spingendosi più in là del suo illustre compatriota che, alcuni decenni prima, in un altro secolo, già era arrivato a definire la città come «la più astratta e premeditata del mondo». Fin dalla sua nascita nel fatidico 1703 San Pietroburgo si sviluppò in parallelo al mito che l’avrebbe accompagnata per tutti i secoli di vita e che ancora oggi non l’abbandona.

Le categorie di condanna e celebrazione, costantemente alternate nelle pagine della letteratura, sulle tele dei dipinti e poi sulle pellicole dei film, portarono in primo piano e misero in discussione la sua origine artificiosa, le sue fondamenta paludose, gli spettacolari complessi architettonici che la resero unica al mondo, i riflessi di luci e colori nei suoi fiumi e canali, le silhouette dei suoi ponti, la violenza delle sue alluvioni, i contrasti tra le splendide facciate di palazzi neoclassici e barocchi sporti sulle vie e i sordidi recessi di fetidi cortili comunicanti tra loro dietro le quinte di quel prodigioso inganno metropolitano.

Romanzi, racconti, poesie, odi, poemi, diari, saggi. Ogni genere letterario è stato attratto dall’arcana realtà di questa capitale, ogni corrente poetica e ogni epoca storica ha offerto un suo contributo, come testimoniano anche gli svariati nomi che la città assunse nel corso della sua epopea (Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado e poi, di nuovo, San Pietroburgo). Persino i tragici 900 giorni dell’assedio durante la Seconda Guerra Mondiale. L’invito della biblioteca pietroburghese al Festival di Mantova è di venire a verificare, dibattendo e dialogando di libri e di testi, se il mito secolare abbia ancora ragione di esistere e se a costituirlo e renderlo così unico siano stati più i miasmi che si levavano dai tuguri dei personaggi dostoevskiani, e dalle acque verdognole che rendevano sdrucciolevoli i lungofiume nel romanzo di Belyj o l’eccitazione quasi diabolica che regnava sul mutevole e inquietante Nevskij prospekt gogoliano, o le cronache atroci di sopravvivenza e di morte negli inverni dell’assedio, o ancora i versi irriverenti dei poeti underground degli anni Settanta sovietici. A Pietroburgo «tutto è inganno, tutto è sogno, tutto è diverso da quel che sembra». Forse proprio per questo ci sono tanti libri che parlano di lei?


Immagine di copertina: Anna Ostroumova Lebedeva (1871-1955), View on the Neva River and the Stock Exchange Building from the Trinity Bridge (1926), via WikiArt.

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