Il terrorismo islamista? Una rivolta generazionale
7 9 2017
Il terrorismo islamista? Una rivolta generazionale

Olivier Roy presenta lo studio di 150 casi di giovani islamisti radicalizzati in Europa.

Riflessioni, focus e parerga sul mondo musulmano: Joby Warrick, Oliver Roy, Valerio Onida, padre Ignazio De Francesco e Sammad Bannaq si confronteranno su un tema pregnante e tra i più diffusi nel dibattito attuale, con esperienza consolidata ed inedite angolazioni.


Nell’affollata cornice di Palazzo San Sebastiano, Oliver Roy ha aperto l’incontro con le tre parole chiave del suo ultimo libro, Generazione Isis:

Nichilismo, deculturazione, morte.

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Tre termini che legano 150 storie di giovani islamici radicalizzati in Francia e Belgio, oggetto dell’ultima ricerca dello studioso francese. Analizzati i profili e confrontati i dati degli altri paesi europei, Roy ha potuto disegnare una sorta di identikit sociale dei giovani terroristi islamisti attivi in Europa. «La loro è prima di tutto una rivolta generazionale che non ha niente a che vedere con l’integrazione, i movimenti politici o le comunità religiose» ha sottolineato il sociologo, che alle affermazioni fa spesso seguire i dati affiorati dal suo studio più recente.

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Nell’80% dei casi analizzati dal team di Roy i radicalizzati sono risultati essere immigrati di seconda generazione o convertiti all’Islam; persone alla ricerca di una religione ‘pura’ senza le influenze della cultura (da qui la ‘deculturazione’). Giovani, questi, che parlano fluentemente la lingua del paese in cui vivono e frequentano sottoculture proprie del mondo occidentale. L’elemento culturale si trasforma presto in uno dei punti di rottura tra i jihadisti e i loro famigliari, al punto da innescare un processo di ‘rivolta generazionale’ in cui i genitori non capiscono e non giustificano il sacrificio dei propri figli, com’è successo in occasione del recente attentato a Barcellona.

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Roy sostiene così che i protagonisti della sua ricerca aspirano a crearsi un’immagine di "eroi", spinti dall’ossessione di colpire una società che non li considera. «L’Isis, con la sua estetica della violenza, offre loro una costruzione narrativa affascinante che viene amplificata dalle reti sociali» ha spiegato l’accademico francese. I giovani radicalizzati non si riuniscono quindi sotto l’ideale di una società diversa o un mondo più "giusto" (elemento anomalo nel contesto delle organizzazioni terroristiche). Il loro piano non contempla un futuro e la morte diventa fine a sé stessa, massima espressione del nichilismo di cui parla l’autore: «Sono così convinti del paradiso che cercano la morte anche se evitabile» sostiene Roy. «Per questo non c’è margine di mediazione con questo tipo di terroristi».

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