A spasso per Torino con Primo Levi
10 9 2021
A spasso per Torino con Primo Levi

Bruno Gambarotta e il rapporto del vicino di casa con la sua città

Bruno Gambarotta non è mai stato amico di Primo Levi, ma lo incontrava casualmente in corso Re Umberto, dove entrambi abitavano, e in occasione di alcune produzioni per la RAI, dove per un certo periodo lavorò come regista. In concomitanza dell’uscita di Nell’abisso del Lager e Nel buco nero di Auschwitz, due nuove antologie curate da Giovanni Tesio, Gambarotta può accompagnarci nel ricordo dell'autore e della sua relazione con la città e la casa torinese da cui non si separò mai - se non per «involontarie interruzioni», come scrisse Levi riferendosi alla deportazione nel campo di Auschwitz.

Sappiamo che nei romanzi dello scrittore possiamo trovare dei temi e degli eventi che raccontano della sua città. Per esempio Libertino Faussone ne La chiave a stella, che illustra il prototipo dell’operaio torinese con un forte senso del lavoro, a cui sta a cuore la professionalità e che prova orgoglio per la sua mansione. Anche ne Il sistema periodico si trovano tante vicende legate alla vita del chimico torinese. Non tutti sanno però che si possono trovare molti episodi che descrivono la città e che lasciano intuire gli spostamenti, lo sguardo e l’atteggiamento di Levi all’interno della città nella sua poesia di cui era altrettanto abile scrittore.

Sebbene Torino sia stata progettata per decisione di Emanuele Filiberto per diventare una capitale, l’unica in Europa assieme a Vienna e a Madrid, Levi non accenna mai alla sua architettura barocca oppure liberty, anzi descrive strade anonime ed oggettivamente brutte (è il caso di via Cigna), si riferisce ad elementi intimi (ad esempio l’ippocastano vicino casa sua), o apparentemente insignificanti (come un formicaio in Corso San Martino). Di questo Gambarotta trova una parziale spiegazione in una memoria di Levi legata al periodo del liceo: lui e i suoi compagni infatti avevano stilato una gerarchia delle materie scolastiche in cui attribuivano maggiore interesse alle scienze naturali e alla filosofia, ritenendo l’educazione fisica e la storia dell’arte «pure afflizioni». I favolosi monumenti di Torino passano dunque in secondo piano per lo scrittore con sguardo e stile da scienziato, che preferisce scrivere e vivere nello stesso modo in cui si presenta la sua amata casa natale: «disadorna e funzionale, solida - lo ha dimostrato durante l’ultimo conflitto -, senza ambizioni, con tutto ciò che è essenziale per vivere e quasi nulla di quanto è superfluo».

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