An her-story
9 9 2023
An her-story

Come decostruire il canone: le parole di Melania Mazzucco e Vera Gheno

Il termine "cànone" (s. m. dal latino canon -ŏnis, gr. κανών -όνος, der. di κάννα «canna») indicò originariamente la canna, fusto del bastone e poi la norma. Recita così il vocabolario. Canone è un termine rigoroso, non è florilegio, ma detta regola. È un insieme di valori di ordine estetico e morale in cui si riconosce la comunità. Vera Gheno e Melania Mazzucco appartengono ad un periodo storico in cui si inizia a mettere in discussione l’eredita del canone, un muro già sbreccato che incontra una generazione che non vi si riconosce ed intende minarlo e decostruirlo.

Melania Mazzucco, col suo Self-portrait. Il museo del mondo delle donne, intende fare proprio questo. La scrittrice si è sempre dedicata alla valorizzazione del talento artistico delle donne, quando però le viene chiesto, per un esperimento di narrazione dell’arte, di selezionare 52 opere amate, si rende conto di aver selezionato solo quattro donne. Ciò che le è accaduto è di aver introiettato e applicato a sua volta il punto di vista di Vasari - racconta.

All’interno del canone letterario ereditato non c’è spazio per le donne: nel mondo della letteratura, come in quello dell’arte, c’è stata una sottorappresentazione della componente femminile. Proprio Vasari, riferendosi a Plautilla Nelli, pittrice fiorentina coetanea di Paolo veronese e autrice di una Annunciazione conservata nei depositi di Palazzo Vecchio a Firenze, scrive che «avrebbe fatto cose meravigliose se, come fanno gli uomini, avesse avuto commodo di studiare et attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali». Se avesse potuto studiare sarebbe diventata un’artista, non avrebbe praticato una spicciola pittura derivativa – seppur dalla tecnica encomiabile – senza apportare nulla all’iconografia esistente. Beh, forse è proprio questo il punto. L’intento di Mazzucco con Self Portrait è stato quello di rovesciare il suo punto di vista. Mazzucco confuta i presupposti sessisti e sociali con cui un artista viene definita tale, evidenziando che a causa dei pregiudizi sociali le donne, considerate biologicamente inferiori agli uomini non hanno avuto istruzione. La scrittrice istituisce con sagacia un percorso museale che incontra 36 opere d'arte create da artiste cadute nell'oblio, una serie di ritratti che inducono alla riflessione sulla storia della visione della donna. È un percorso conoscitivo che mira a riappropriarsi dei muri spogli dei musei, dei silenzi a cui sono state confinate le opere artistiche delle donne.

Allo stesso modo Vera Gheno, in Parole d’altro genere, ci accompagna nel mondo sommerso che sta aldilà del canone – bianco, occidentale, neurotipico e benestante. Le donne presenti nelle antologie scolastiche sono sempre esigue, a loro sono dedicate poche pagine sbrigative. L’affetto di condizionamento psicologico ci ha portato a pensare che le donne fossero cognitivamente inferiori autoalimentando la relazione tra potere e canone. Infatti, è invero che le donne che hanno avuto modo di istruirsi tramite escamotages, come la vita di convento o grazie a mariti e padri illuminati, sono sempre storie di eccezionalità rispetto alla norma.

Nell’antologia Vera Gheno immagina un percorso polifonico ed attraverso uno scavo archeologico fa riaffiorare le voci di 42 donne sempre con un’ottica intersezionale, cercando di comprendere l’alterità e dar spazio ad altri colori e culture.

«Il canone collide col tempo, deve collidere col tempo», osserva Georgiana Ursache. Il canone è anche memoria, è la scelta di cosa deve persistere all’erosione del tempo, cosa deve essere tramandato. Nell’ambito letterario è difficile eroderlo, soprattutto perché si scontra con l’estetica ed è sottoposto a pregiudizi inconsapevoli. È imperativo che si ripensi alla presenza di artiste donne all’interno di antologie, mostre e manuali. Ci si deve riappropriare dei propri spazi ed offrire una contro narrazione della storia.

Come afferma Vera Gheno, questo è un processo lentissimo, perché la questione di genere tocca l’organizzazione della società stessa, ma è fondamentale creare un immaginario che si stratifichi. Non per sostituire o cancellare, ma per espandere. Tullio De Mauro lo dice a proposito della lingua, la cultura procede per aggiunta, non per sostituzione. È essenziale anche farlo creando una piega inattesa nel lessico in modo da agire d’imperio, per costringere le persone ad uscire dalla norma e dl canone.

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