Ascoltare Carla Lonzi per farla parlare in noi
10 9 2023
Ascoltare Carla Lonzi per farla parlare in noi

Tra parole e ricordi: Lunetta Savino e Viola Lo Moro ripercorrono il futuro imprevisto del mondo

Le parole di Carla Lonzi risuonano nell’atmosfera solenne del Teatro Bibiena. Sul palco, illuminato da una luce soffusa, si alternano momenti di lettura e di ricordo. Le immagini di una delle iniziatrici del femminismo italiano fanno da sfondo. Applausi scroscianti accolgono l’ingresso di Lunetta Savino e Viola Lo Moro, poi il buio in sala: si parte con il Manifesto di rivolta femminile (1970). La donna non deve essere definita in rapporto all’uomo e non può portare avanti la sua vita invivibile: l’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. La donna è stufa di allevare un mondo che le si rivelerà cattivo amante, rifiuta la maternità come fatto naturale, detesta i meccanismi maschili dell’efficienza e vuole proporre un nuovo modello.

La relazione tra Viola Lo Moro e Carla Lonzi d’altra parte è sempre stata complessa: Lonzi le parlava da dentro, ma Lo Moro, all’inizio, quelle parole non le voleva proprio ascoltare. Si era convinta che lei con il femminismo e gli uomini non avesse nulla a che fare. Quel rifiuto, spiega, nascondeva una battaglia interiore verso quelle parole “indigeribili, autentiche, radicali” che non potevano che cambiarle la vita. Da qui la necessità delle autrici di riportare ovunque le parole di Carla Lonzi, per sollevare il velo che separa ogni donna dalla realtà. A questo punto la vita di Lo Moro si confonde con quella della femminista: entrambe hanno trovato la propria identità nella libertà e nel gruppo. È in collegio, separata dai vincoli familiari, che Carla Lonzi comincia a scrivere i suoi diari e sarà solo dopo l’incontro del gruppo Rivolta Femminile che produrrà le sue opere più conosciute.

Sputiamo su Hegel è pubblicato nel 1970 e il testo rivive sul palco grazie alla lettura di Lunetta Savino: l’uguaglianza è partecipazione in un mondo d’altri, è la clausola giuridica concessa ai colonizzati per continuare ad essere sopraffatti. La diversità, invece, è dove si educa al rispetto dell’altro, il luogo in cui il destino imprevisto del mondo può realizzarsi. Il femminismo, escluso per millenni dalla storia, è parola nuova. Queste pubblicazioni e i percorsi di autocoscienza costano caro a Carla Lonzi e alle altre donne del gruppo, che perdono supporto, amicizie, amori. Nel momento in cui si vede il mondo e vi si entra in conflitto, com’é possibile continuare ad aderire alle sue istituzioni? Nel 1982 termina la relazione con lo scultore Pietro Consagra, due anni prima i due pubblicano il dialogo Vai pure, resoconto delle loro discussioni che risulterà in un potente racconto di amicizia e amore tra uomo e donna. D’altronde, afferma Lo Moro, fare femminismo vuol dire anche non aderire completamente all’altro e rincontrarsi nel conflitto.

E infine, una conclusione da standing ovation dettata dalla sagace ironia di La donna clitoridea e la donna vaginale. La donna vaginale è quella che prova piacere solo nel godimento dell’uomo (chi glielo dice che la vagina non è zona erogena?), quella clitoridea sa invece da dove parte e come affermare il proprio piacere. La prima si identifica come la grande madre “vagina del mondo”, la seconda come la “piccola clitoride” in grado di liberarlo.

«Senza l’abolizione dello schema sessuale maschile e senza una presa di coscienza della donna vaginale non esiste femminismo. E il patriarcato, come epoca storica, è ancora al riparo dalla fine». Portiamo con noi le parole di Carla Lonzi nei luoghi imprevisti del mondo, lasciamola parlare in noi, nella nostra lotta costante con il quotidiano. Perché la lotta è ancora lunga, ma la guerra di sicuro non ci appartiene.

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