Parliamo di gialli e di finzione storica per vedere come una storia inventata può essere un mezzo preciso e genuino per avvicinarsi alla realtà. Il motivo: la pubblicazione dell’ultimo libro del giornalista e scrittore argentino Martin Caparrós, Tutto per la patria. Alla domanda Bruno Arpaia, se si considera giornalista o scrittore, Caparrós risponde con la stessa saggezza che ha caratterizzato tutto l’incontro: «io sono uno scrittore che a volte scrive finzione e a volte non scrive finzione». E proprio tra la finzione e la non finzione si trova il primo di una serie di gialli ambientati nel Buenos Aires degli anni 1930, nel pieno apogeo del tango. Dietro al desiderio d’inventare si trova anche il desiderio di ridare vita a un momento che è stato straordinario per la costruzione della cultura del Paese, e così il giornalista e lo scrittore si uniscono sotto la stessa piuma.

Nel romanzo Caparrós s’ispira alla figura reale del famoso calciatore argentino Bernabé Ferreyra, che è sparito nel suo paese di origine per chiedere dei soldi al club, Rive Plate, a cui appartiene. Andrés Rivarola, un imbriglione che non sa più cosa fare della sua vita e prova a comporre dei tanghi, vuole convincerlo a tornare. E poi l’assassinio di una ragazza. Questo permette allo scrittore di addentrarsi nei quartieri di una Buenos Aires ormai sparita, dove la povertà e la miseria coesistono con la bellezza dei caffè letterari, dove è possibile ritrovare un Borges timido che fallisce nei suoi tentativi di sedurre le donne.

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Una storia complessa quella dell’Argentina, con il fenomeno dell’europeizzazione che ebbe luogo intorno agli anni 1880 e che ha prodotto dei cambiamenti notevoli nella popolazione, diversi da quelli aspettati. Tutto ciò porta a Caparrós a riflettere, con sguardo critico, su un’idea di patria che forse non c’entra veramente con l’Argentina. Questo e moltissimo di più nel primo di una lunga serie di romanzi gialli che Caparrós ha iniziato a scrivere durante il confinamento.

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