Cedi la strada agli alberi: poesia umanitaria e comunitaria.
8 9 2017
Cedi la strada agli alberi: poesia umanitaria e comunitaria.

Franco Arminio per una poesia equosolidale.

Rivoluzione dei paradigmi economici, sommovimenti geo-politici, ripensamento della forma città: l'emergenza climatica richiede con sempre maggiore urgenza un nuovo paradigma di pensiero.


Franco Arminio è stato per Festivaletteratura il perfetto oste delle parole: poeta della semplicità, autore performativo e popolare nel migliore senso del termine, ha coinvolto il suo pubblico in una lettura partecipata e personale di Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra (Chiarelettere, 2017). L’autore irpino (Cartoline dai Morti, Terracane) ha presentato la sua ultima antologia poetica venerdì 8 settembre, a dialogo con il critico e poeta Antonio Prete, visiting professor a Harvard nel 2012.

Come la fotografia che attraverso una prospettiva personale guarda oltre il soggetto reale, la poesia di Franco Arminio è propriamente sguardo che tenta di percepire il visibile al di là del visibile, senza allontanarsi mai dal quotidiano e dal concreto; la parola poetica si limita a catturare il vissuto, sempre dimessa, a mettere insieme «il romanzo che ha già scritto la natura. La poesia ha negato per troppo tempo il mondo», dice Arminio. In una fedeltà assoluta allo spazio e al corpo, Cedi la strada agli alberi diventa linguaggio di quella che l’autore chiama paesologia, la scienza del paese che scienza non è: è carezza, respiro, apertura al mondo che ci circonda e di cui dobbiamo riappropriarci. Dobbiamo riconoscere gli orti, gli alberi accanto al fiume, i dialetti, le cose dimenticate da Dio e dagli uomini.

Inevitabilmente la poesia allora esce dall’accademia e si confonde tra i campi e le persone, diventa voce popolare che ha un’aspirazione comunitaria: cerca di aprirsi a tutti, si costituisce come atto politico aggregante di una collettività che tende a frantumarsi nella frenesia del quotidiano. Come antidoto alla disgregazione il poeta ci ricorda di rallentare, di diventare contadino, di cedere la strada agli altri, agli alberi, e di fermarsi ogni tanto, lungo il percorso, per osservare la bellezza che ci circonda. «Praticate quello che io chiamo turismo della clemenza» propone Arminio, «andate a chiacchierare con chi è vecchio, con chi ti dice che ogni tanto parla da solo, perché, “sai, ho paura di perdere la lingua altrimenti”».

Certo Arminio porta la poesia tra le strade, fuori dall’accademia, dandole una forma chiara e apparentemente semplice, perché l’oscurità nasconde sempre una qualche insicurezza poetica a suo parare. Non c’è bisogno di complicare formalmente ciò che deve essere popolare e comunitario, ciò che ben volentieri si appropria anche degli stilemi della prosa. Malgrado questo, Arminio non pecca d’ingenuità: non rinuncia a un incessante lavoro sulla lingua e persegue il dialogo con Penna, Caproni, Scotellaro, Gianni Celati, insomma con una tradizione che ha ormai interiorizzato, ammette; se il già letto agisce sempre senza farsi vedere, il migliore spunto che possa desiderare l’autore quando compone è proprio quello proveniente dal quotidiano: la parola poetica si nasconde sempre nella voce di chi ti risponde al telefono.

Chi desidera saperne di più sulla paesologia può dare un’occhiata al blog di Arminio, Comunità provvisorie:

https://comunitaprovvisorie.wordpress.com/



Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone gli eventi: 14 PER POCHI GRADI IN PIÙ - 24 CIBO PER IL CORPO E CIBO PER LA MENTE 43 IL SOLE IN FONDO AL TUNNEL DELLA DIPENDENZA FOSSILE - 57 CHE COSA FA IL CEMENTO QUANDO NON LO GUARDIAMO? - 65 IL PROFUMO DI LEGNO FRESCO - 110 LA POESIA È UN MUCCHIETTO DI NEVE IN UN MONDO COL SALE IN MANO - 164 CHE NE SARÀ DEL LAVORO - 179 BOTANICA - 186 SETTE È UN NUMERO MAGICO

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