Chi va e chi viene nell'esplorazione del mistero dell'esistenza
8 9 2023
Chi va e chi viene nell'esplorazione del mistero dell'esistenza

Voci dell'Est a confronto tra differenze e parallelismi

Ritorno, ironia, lingua e scrittura sono stati gli argomenti fulcro intorno ai quali si è snodato il dibattito tra due dei più interessanti autori dell'attuale panorama della letteratura dell'Est, Gazmend Kapllani ed Elvira Mujčić, in un confronto che, in più punti, ha fatto riferimento alle esperienze di vita dei due scrittori, entrambi anime migranti, con il bagaglio esistenziale di chi ha lasciato la propria terra, facendo della scrittura un mezzo di trasmissione culturale per eccellenza.

La buona condotta, il libro di Elvira Mujčić, Crocetti 2023 e La terra sbagliata, Del Vecchio Editore, 2023 per la traduzione di Ermal Rrena e Rossella Monaco, l'ultima fatica di Gazmend Kapllani approdata in Italia, sembrano quasi parlarsi e confrontarsi, portando all'attenzione del lettore due realtà, quella kosovara e quella albanese, con le loro relative dinamiche, evidenziando le reazioni dell'animo umano di fronte ai conflitti, ai confronti, alle situazioni stringenti, senza trascurare le conseguenze derivanti dall'evoluzione socio-culturale nazionale che, inevitabilmente, influenza il percorso di crescita (o di decrescita) di un popolo.

Una comunità serba e una kosovara sono quelle che animano La buona condotta, in cui l'autrice serba, naturalizzata italiana, non ha analizzato l'annoso conflitto tra i due popoli, bensì ha esaminato le azioni e l'influenza del nazionalismo all'interno della comunità serba. «Non volevo scrivere un libro che proponesse ancora i Balcani immersi nel conflitto. Volevo andare oltre, ispezionando le conseguenze di un nazionalismo dettato dalla ragion di stato.» È il pensiero che la scrittrice ha trasmesso nella storia dei due sindaci protagonisti, partendo da un fatto realmente accaduto nel 2008 e ponendo l'accento sulla forza di volontà umana, capace di andare oltre le imposizioni di chi agisce, ignorando il buon senso che il comando è chiamato ad avere.

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Tra Karl e Frederik, le figure principali del romanzo di Gazmend Kapllani si instaura un inevitabile confronto, decretato dal ritorno di Karl in Albania, nella sua terra d'origine, che ha lasciato tanti anni or sono, vivendo altre culture, conoscendo persone diverse, assorbendo usi e tradizioni dei posti in cui è stato, a differenza di suo fratello che non si è mai allontanato dal luogo in cui è nato. Si innesca così un raffronto non solo tra due uomini, ma tra due coscienze: quella di chi torna, con un retroterra fatto di esperienze e quella di chi è rimasto nella convinzione di doverlo fare. Ecco che la linea di demarcazione tra l'attaccamento alle radici e il nazionalismo si fa molto flebile. Chi è rimasto è carico delle sue necessità, trasformate in convinzioni e chi torna si ritrova a fare i conti con quanto ha abbandonato anni prima, ponendosi faccia a faccia con una oscura resa dei conti.

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È qui che i libri iniziano a parlarsi e partendo dal concetto di ritorno, che accomuna entrambi i volumi, è nato l'interessante dibattito tra gli autori. «Chi va e poi torna ha un bagaglio di esperienze maggiore, ha una capacità più ampia di guardare il mondo. È la chiave di volta: porta con sé qualcosa di davvero autentico.» Concorde con il pensiero della scrittrice, Gazmend Kapllani, che ha lasciato l'Albania per approdare in Grecia: «Dovevo rimanere in Grecia venti giorni e sono rimasto per due decenni», per lasciare poi la terra greca e incontrare l'America dove tutt'ora vive e insegna. «Io in Albania torno sempre, portando qualcosa di diverso ogni volta.» Tra una battuta e l'altra, gli scrittori hanno regalato qualche sorriso, comunicando con ironia, proprio come hanno fatto, entrambi, nei loro romanzi. «Sono nata nei Balcani, in cui il tratto ironico è geneticamente sviluppato, diventando uno stile di vita.» Una dichiarazione che ha offerto spunti di riflessione quella di Elvira Mujčić, che l'autore albanese ha spiegato molto bene. «L'ironia della letteratura della parte dell'Est del muro di Berlino è l'espressione dell'oppressione; essa coltiva la sovversione dello humor.» Una delle caratteristiche sovversive che contraddistingue la letteratura balcanica è proprio quella dell'umorismo, che si ritrova nei volumi dei più grandi scrittori che hanno narrato di fatti altamente drammatici, come quelli legati al terrore profuso durante il periodo dittatoriale in Albania, rimasta isolata dal mondo, vittima di atrocità per ben 45 anni. Conoscenza e informazione, verità e storia alleggeriti da un amaro sarcasmo, atto a non schiaffeggiare il lettore.

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A parlare è anche la lingua, quando si scrive con una diversa da quella d'origine. Elvira Mujčić scrive in italiano, mentre Gazmend Kapllani scrive in greco (oltre che in albanese) e si appresta a utilizzare l'inglese. «La lingua diventa un modo per narrare di un Paese, per raccontare di storia trasferendo se stessi e quanto si è acquisito.» Ha comunicato in maniera enfatica l'autrice, che considera la sua espressione linguistica un modo per esprimere il suo essere narratrice. Gazi, come ama farsi chiamare, ha affermato che non è la lingua a fare un buon scrittore, bensì la sua capacità di raccontare il reale, la sua acquisizione del presente e del passato a far sì che si possa creare un buon libro. «Dopo aver scritto il mio libro in greco, sono tornato in Albania e mi è stato chiesto perché ho redatto il testo in lingua greca. Che importanza ha? Ti devi chiedere se ho scritto o meno un buon libro, no in che lingua l'ho fatto.» Un dialogo costruttivo e sensato tra i due autori, consumatosi in un incontro che ha portato alla luce le similitudini tra due mondi affini ad altri, pur rimanendo in una propria ricercata autenticità.


i volontari della redazione del Festivaletteratura hanno intervistato Elvira Mujčić insieme a Gazmend Kapllani

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Festivaletteratura