Coinquilina Poesia
9 9 2016
Coinquilina Poesia

«I poeti sono gli inconsolabili consolatori del mondo». Lo ricorda Vivian Lamarque , attraverso le parole di Konstantinos Kavafis, prima di cominciare il dialogo con Giorgio Ghiotti e Daniele Piccini. L'impressione è proprio quella di assistere a una riunione tra coinquilini, nell'intimità di uno spazio comune – una casa – che, tra mobilio e polvere, ospita un'ulteriore coinquilina, dal passo lieve e dall'abbraccio avvolgente. La Poesia, naturalmente. Sono l'“intelligenza del cuore” di Vivian Lamarque – già sottolineata da Vittorio Sereni riguardo Teresino della stessa Lamarque –, la freschezza del giovane sguardo di Giorgio Ghiotti e la sapienza in materia di Daniele Piccini a renderla presente, tangibile, vibrante.

Prima di essere scrittori di poesia, Lamarque e Ghiotti sono lettori di poesia.

Lamarque, in particolare, nei suoi scritti è sempre generosa di citazioni. Si pensi alla raccolta Questa quieta polvere, contenente ben cinquantatré riferimenti a scrittori e poeti amati dall'autrice, o alle Poesie dedicate, con omaggi a Emily Dickinson, Sandro Penna, Amelia Rosselli e Livia Candiani. Anche la sua ultima raccolta, Madre d'inverno, si apre con un verso di Rainer Maria Rilke, «avevo morti e li ho lasciati andare» e non manca neppure l'eco del Seme del piangere (Caproni), che, alleggerito da “rime chiare, usuali” e “verdi, elementari”, è considerato dalla Lamarque il canzoniere più bello sulla figura materna. Perché ai genitori dei poeti tocca questo: venir cantati, amati, dopo la morte e più raramente in vita.

L'appena ventiduenne Ghiotti risponde citando come suoi maestri ideali Saba, Penna, Caproni e la stessa Lamarque (un'intera sezione di Estinzione dell'uomo bambino è in stretta relazione e in dialogo continuo con L'amore mio è buonissimo), non dimenticando l'impressione esercitata su di lui nell'infanzia dalle filastrocche di Gianni Rodari. È anche attento lettore di Dario Bellezza, Patrizia Cavalli e Biancamaria Frabotta, da lui intervistata, con altre scrittrici, per il volume Mesdemoiselles. Le nuove signore della scrittura.

La poesia è dunque lo strumento utilizzato da Vivian Lamarque e Giorgio Ghiotti per restituire bellezza a una parola che quotidianamente la perde. Se Ghiotti dona sé stesso alla poesia con immagini dalla “scontrosa urgenza di grazia” e con la vivacità dei suoi anni, Daniele Piccini fa notare come Lamarque lasci ai suoi versi dolenti l'impronta seria ma lieve dello spaesamento, con disarmante e fanciullesca naturalezza.

«La tua spilla / ce l'ho infilzata nel petto, mi sanguina, però / ora che l'ho posata qui sulla carta / un poco meno (sai facciamo così noi poeti)» (Compro oro). La copia di Madre d'inverno della Lamarque è ricca di segni, note, aggiunte, modifiche e varianti, a dimostrazione che il poeta cammina con la poesia e parla alla poesia in un dialogo aperto a infinite voci e inimmaginabili strade.

«Siamo poeti. / Vogliateci bene da vivi di più / Da morti di meno / Che tanto non lo sapremo».

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