Com'è fatta Mantova?
10 9 2021
Com'è fatta Mantova?

Marco Filoni e Luca Molinari raccontano lo sviluppo urbanistico della città

Una stupenda e lenta cavalcata da Palazzo Te sino alla reggia di Palazzo Ducale lungo l’asse cardine della città, lambendo alcuni dei suoi luoghi-fulcro.
Il filosofo Marco Filoni e l’architetto Luca Molinari analizzano, attraverso racconti e considerazioni, il modello urbanistico e i criteri costitutivi che hanno plasmato Mantova negli anni.

«La città è un organismo vivente»

Ciò che contraddistingue il percorso è l’eterogeneità di organismi architettonici che si sommano e creano una stratificazione raccontata puntualmente da Molinari e Filoni.
Si parla subito di mura, che hanno un significato protettivo: sono il confine tra la città medievale e il vuoto che tende alla pianura, un vuoto infinito, una terra “altra”. Con il loro smantellamento (inizio ‘900) si vede la città che se ne impossessa, un sedime che viene urbanizzato a bassa densità con la costruzione di villini borghesi. Fino al primo dopoguerra, in cui c’è un salto di scala: la città cresce e si densifica per la massiccia richiesta di abitazioni; è necessario produrre case per migliaia di persone (dagli anni ’50 agli anni ’70 ogni città italiana è cresciuta in vent’anni di otto volte).

Un angolo molto interessante che si incrocia durante il cammino è il complesso di San Sebastiano, con il monastero e la chiesa di Leon Battista Alberti, dove inizia la densificazione della città, stratificata sul passato medievale: si notano i tagli delle particelle catastali, la profondità degli edifici e i giardini che giacciono al loro interno. Un susseguirsi di pieni e vuoti da osservare curiosamente durante il percorso.


«Imparare a buttare l’occhio dentro ai cortili, guardare, affacciarsi, è un’operazione meravigliosa perché queste città ti regalano dei piccoli gioielli, delle cose che ti aspettano, l’architettura ti aspetta, i luoghi aspettano il vostro sguardo e ogni scorcio è un’occasione».
Avanzando ancora ci si inoltra verso il cuore dell’insediamento, dove ora si scorgono palazzine anni ’60 che diventano di fatto le nuove mura, una stratificazione che si somma e racconta cosa succede, un angolo di città pubblica evidenziato da pubblici edifici, la città istituzionale che si posiziona nel cuore della città reale.
Il percorso si snoda poi tangente alla basilica di Sant’Andrea in piazza Mantegna, per terminare valicando l’ultima cinta di mura (romane) in piazza Sordello: il nucleo più antico. La piazza appare come un grande vuoto su cui risaltano la cattedrale, la facciata di Palazzo Ducale e Palazzo Castiglioni.

«La città è formata da tantissimi spazi in attesa, quello che noi chiamiamo luogo abbandonato è la nostra incapacità di vedere in quel luogo un futuro, un’occasione.»

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