Costruire l’Italia grazie all’istruzione
9 9 2020
Costruire l’Italia grazie all’istruzione

Il nostro passato, il nostro presente

«E furon tutti ben inclinati; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, dicendo che, giacché la c’era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.»

Queste parole, riferite ai figli e alle figlie avuti da Renzo e Lucia dopo le travagliate vicende de I Promessi Sposi, figurano nella conclusione di quello che a buon diritto Marcello Fois definisce il «romanzo nazionale» dell’Italia unita. Proprio questo passaggio rappresenta efficacemente le due direttrici su cui si muove il percorso tracciato dal poliedrico scrittore all’interno dell’universo letterario italiano.

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Da un lato, cioè, una rinnovata consapevolezza del patrimonio intellettuale che la letteratura italiana – tanto con romanzi tuttora celebrati come l’opera manzoniana, quanto con libri meno presenti nella memoria comune come Casa d'altri di Silvio D'Arzo – ha ancora da offrire alla contemporaneità. A distinguere un classico, d’altra parte, è proprio la capacità di mantenersi voce viva e vitale, di leggere e di trasfigurare ciò che nell’esperienza umana non muta nei secoli, e in cui quindi diverse generazioni possono riconoscersi.

Dall’altro lato, invece, l’importanza estrema del ruolo della presenza e dell’assenza di istruzione nella storia d’Italia, che in forme diverse emerge da ciascuno dei classici evocati da Fois. Se episodi de I Promessi Sposi come quello di Azzecca-garbugli mostrano come senza istruzione si rimanga alla mercé altrui, Cuore di Edmondo De Amicis dipinge una scuola capace di riunire, con il suo potenziale pedagogico, un microcosmo di bambini delle più diverse provenienze.

Viceversa, la miscela incongrua di linguaggi dei personaggi di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana illustra la disgregazione culturale di una società ormai pronta al dilagare del fascismo. Le difficoltà reciproche di comprensione tra i soldati in Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu segnalano invece, nelle parole di Fois, che «un altro inferno, in assenza di istruzione, è la guerra».

In controluce risalta, dall’insieme di questi spunti, il carattere fondamentale rivestito dalla scuola nel secolare tentativo – per riprendere la frase spesso attribuita a Massimo D’Azeglio – di fare gli italiani una volta fatta l’Italia. Proprio in quest’ottica l’intervento di Fois non può che approdare al declinante riconoscimento tributato al ruolo dell’insegnamento. Ai nostri giorni Fois rimprovera di aver messo in discussione l’autorevolezza della scuola in nome di una malintesa “libertà di espressione”, voltando le spalle ad una concezione – acquisita dalla generazione dei baby boomers – dell'istruzione come fonte degli strumenti indispensabili ad affrancarsi dalla subalternità.

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