Dare la voce al mare
10 9 2022
Dare la voce al mare

Roberto Casati ci guida alla scoperta del mare aperto, dove è possibile «pensare l'impensabile»

Roberto Casati è uno scienziato; ma è anche un filosofo e un marinaio. Tutto ciò tutto insieme. Sì, è possibile, e anzi è necessario: imbarcatosi su numerose traversate oceaniche in barca a vela, ha applicato i suoi studi riguardo la filosofia della percezione al contesto più estremo in cui questa può verificarsi.

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In effetti, il mare aperto mette a dura prova la nostra percezione: il corpo umano è pieno di organi utili e ricettivi in questo senso, ma in barca a vela, dove non ci sono riferimenti di nessun tipo, non servono a nulla. Nulla rimane fermo, né il cielo sopra di noi, né le onde sotto. Non c'è un paesaggio verso cui dirigersi e nella temporalità lenta dell'oceano - una barca a vela procede alla velocità di una bicicletta, più o meno - persino le stelle cambiano posizione nel cielo notturno.

Casati fa partire un video del panorama dalla barca a vela, mentre parla; il ritmo lento del movimento accompagna e scandisce le sue parole. Sono sequenze lente, senza drammi; un respiro continuo del mare e della barca. Un'oscillazione continua, da destra a sinistra e ritorno: solo guardando il video, sembra di essere cullati anche a noi. Eppure, basta un timelapse, una nuova distorsione di temporalità, ed ecco che in 15 minuti si attraversa l'Atlantico.

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Se il mare ci sconvolge, come si configura la barca? Un frammento di terra dislocato sull'acqua, creato su misura dall'uomo per l'uomo, ma totalmente alieno a chi lo vede da fuori. Casati definisce la barca come «groviglio di vincoli, insieme di norme durissime» che servono a domare il mare e renderlo navigabile. Il corpo umano sente la barca come un'estensione del corpo, un modo di abitare un contesto che non è fatto per noi - Casati ci spiega che il mal di mare è proprio questa dissociazione tra corpo e mare, la protesta del cervello che cerca di applicare le sue regole laddove esse non tengono più.

Ma quali sono le regole del mare, allora? Negli attuali sistemi giuridici, il mare non ha uno statuto proprio, né una voce da alzare in propria difesa. Lo intendiamo come un territorio di colonizzazione, di sfruttamento, impossibile da abitare in modo diverso. Eppure lo scopo dei filosofi è proprio ripensare ciò che consideriamo come possibile o impossibile e dare voce a ciò che non ne ha. L'auspicio di Casati è quello di provare a immaginare il mare come entità giuridica, da pensare secondo le regole sue proprie, e non secondo i limitati schemi percettivi dell'umano. Che ci sembrano l'unico modo per pensare... Ma basta spostarsi nell'acqua per capire quanto siano limitate.

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