Distopica America
10 9 2023
Distopica America

Un po' di raccomandazioni dal futuro con Ken Kalfus

Una tematica ricorrente discussa dai media, come anche in questo festival, è stata quella delle migrazioni nelle sue più svariate (e drammatiche) sfaccettature. Ma se, al contrario di tutte le aspettative e realtà, il migrante indesiderato fosse un maschio, bianco, di bell'aspetto e originario degli Stati Uniti? Il futuro è abbastanza malleabile da poter immaginare addirittura questa situazione. E proprio con questa idea gioca lo scrittore Ken Kalfus nel suo romanzo Le due del mattino a Little America, un thriller distopico carico di ironia, di cui al Festival abbiamo approfondito la trama grazie alle domande di Giancarlo De Cataldo.

A seguito di una grave guerra che ha afflitto il continente americano, grandi masse sono costrette a spostarsi in cerca di condizioni migliori e ad abitare in Paesi che li rifiutano e li trattano come appestati. Pur di essere accolti compiono uno di quegli atti che un vero statunitense si vergognerebbe altamente di commettere: dirsi canadesi. All'interno del libro sono riportate le varie difficoltà psicologiche che un fuggiasco deve fronteggiare, come l'inesorabile perdita della propria identità precedente. Ognuno disperatamente si aggrappa a qualsiasi simbolo od oggetto che, per quanto inutile, permette la sopravvivenza di stralci di esistenze passate. Un altro elemento descritto che purtroppo avviene durante questi esodi è il trascinamento e il trapianto di alcuni ceppi criminali dai vecchi ai nuovi territori. L'autore sfrutta un funzionale espediente narrativo per riprodurre e trasmettere quelle sensazioni di isolamento e disorientamento che si provano in luoghi diversi dai propri: il protagonista Ron incontra continuamente questa donna misteriosa che non riesce mai ben a identificare o riconoscere. In questa narrazione vi si potrebbero inoltre riscontrare accenni alle migrazioni newyorkesi, a cui parteciparono anche i nonni di Kalfus, ebrei europei.

Negli ultimi anni l'equilibrio di Washington è stato messo a dura prova dalle accuse rivolte all'ex presidente Donald Trump e dalle vicende avvenute a Capitol Hill in fase elettorale: i partiti come il popolo tutto sono in fermento, in particolare una minoranza riottosa e armata non amante dell'andamento politico attuale. Questa storia, più che da accusa (infatti non vengono esplicitati i Paesi esteri ostili), vuole fungere da monito agli americani stessi. L'egemonia americana, espansa ormai non solo alla politica e all'economia, anche alla cultura, non è un assunto immutabile ma anzi è una condizione volubile da non ritenere scontata. Come reagiremmo se ci trovassimo nella stessa posizione di quelle comunità di cui oggi nessuno si cura? Queste riflessioni tramutate poi in fiction sono nate nello scrittore negli anni in cui risiedette nella ex Jugoslavia poco prima del conflitto armato. All'epoca Kalfus assistette in prima persona alla totale trasformazione di civili cordiali e ospitali in soggetti ostili e violenti nei confronti delle minoranze a causa di una nociva e martellante propaganda. Basta un attimo di disattenzione, sostiene lo scrittore, per perdere la percezione della prospettiva che caratterizza ogni fenomeno e focalizzarci solo su un'angolazione, magari quella a noi più comoda. Onde evitare di rimanere ingarbugliati in una visione unilaterale del mondo meglio provare a capire quanto sia relativa e fugace la nostra visione del potere.

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