Dobbiamo recuperare il senso del Mediterraneo
7 9 2023
Dobbiamo recuperare il senso del Mediterraneo

I molteplici significati di un mare che va al di là di una meta per le vacanze

Il mar Mediterraneo è uno spazio tanto affascinante quanto complicato. In quanto italiani, circondati dalle sue acque su tre lati, abituati a vederlo e a frequentarlo, pensiamo di conoscerlo. Ci sentiamo “mediterranei”, qualunque cosa voglia dire, e percepiamo che questa identità sia qualcosa di diverso, di caratterizzante. Tuttavia ci disinteressiamo della sua storia, dimentichiamo la sua complessità, ne ignoriamo lo spirito. Il mondo della cultura, della politica, anche l’università: si fatica ad approcciare il Mediterraneo in quanto tale, al di là del mito e dei luoghi comuni.

È questo il punto di partenza della discussione fra lo storico Alessandro Vanoli, ex accademico bolognese e ora attore e divulgatore, e il suo collega Egidio Ivetic, professore all’Università di Padova. Per il primo la storia del Mediterraneo è stata una scoperta degli studi universitari giovanili, nel clima ottimista degli anni Novanta, quando la caduta del muro di Berlino lasciava intravedere una prospettiva positiva, in cui anche il nostro mare sembrava essere un ponte, una via su cui puntare per costruire un futuro migliore. Per il secondo, è eredità familiare e origine ancestrale: nato a Pola, in Istria, il mare aperto è da sempre stata la vista principale dalla finestra di casa.

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Tre sono le parole chiave di questo mare: navigazione, perché è attraverso l’acqua che questo mondo può esistere e connettersi; scambio, inteso in senso basso (merci, denaro, lingue) ma anche alto (idee, traduzioni, libri); migrazione, che è la naturale conseguenza delle prime due e può essere volontaria quanto forzata e violenta (deportazione).

Un mare che era ed è un ponte, che ha visto mescolanze di tutti i tipi, che è sempre stato vivo e frequentatissimo, per tutti i motivi, ma la cui percezione è cambiata molto nel corso dei secoli. La visione che ne abbiamo oggi, ci svela Vanoli, è il frutto combinato di sensibilità diverse provenienti dall’Europa nordica: il Settecento ne ha esaltato il ruolo di culla delle civiltà antiche, luogo costellato di rovine, templi, antichi manufatti risalenti ai due grandi popoli classici, da visitare nei Grand Tour; l’Ottocento romantico ci vede la bellezza commovente dei paesaggi e della natura, a cui si aggiunge infine l’idea di vacanza, di villeggiatura, di turismo, per la quale il Mediterraneo non può che rappresentare il luogo ideale. Nasce allora il mito, l’invenzione della “mediterraneità” in cui oggi ci riconosciamo: l’idea che ci sia un senso comune ai popoli di questo mare, che si esprime in un carattere simile, in somiglianze architettoniche (tanto da spingere alcuni luoghi ad adeguarsi allo stereotipo per motivi di attrattività turistica), in una mentalità condivisa.

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Ma tutto questo non è che una creazione “da vacanziere” che viene dal nord. In realtà il Mediterraneo, per i popoli che ci si interfacciavano, è sempre stato in primo luogo una fonte di pericolo, di inquietudine, di turbamento. Nel mare le navi possono naufragare in una tempesta, causando la perdita di fortune commerciali e uomini validi; dal mare possono arrivare i pirati, o può attaccare il nemico, un popolo vicino o lontano che, come il tuo, abita le sponde dello stesso specchio d’acqua. Il Mediterraneo è fonte di scambi, sì, di interazioni positive, di influenze reciproche, ma anche di dolore e di morte.

E allora è doveroso che proprio un paese come l’Italia, che di Mediterraneo ha sempre vissuto, riesca a recuperarne il senso vero, di spazio politico, economico, sociale, culturale, un mare sotto cui passano gasdotti, per cui transitano milioni di navi dirette, tramite Suez, all’Oceano Indiano, sopra il quale persone disperate viaggiano e muoiono. Un mare dove deve agire direttamente in virtù della sua posizione e del suo ruolo. È doveroso che l’Italia cessi di vederlo come uno spazio piacevole adatto solo a trascorrerci vacanze in compagnia, perché ciò che è veramente importante sta solamente a nord, nel centro dell’Europa, a Bruxelles. È doveroso che l’Italia attui un vero e proprio recupero culturale che passa necessariamente attraverso l’interesse e lo studio per la sua storia e le sue culture.


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