Fare silenzio, fare poesia
8 9 2023
Fare silenzio, fare poesia

Letture di Chandra Livia Candiani

«La mia poesia nasce e torna al silenzio» dice la poetessa Chandra Livia Candiani, avvicinandosi al microfono all’interno del teatro scientifico Bibiena. Chissà quanti argomenti scientifici sono stati discussi, approvati, rinnegati qui nel corso dei secoli. Un luogo costruito per il linguaggio affermativo e per la parola che aspira a farsi dura e certa.

La voce della poetessa nasce delicata sul palco, misura le parole e le pause fra esse, calcola ogni gesto e atmosfera. È profonda, pesa lo spazio e i corpi che ha davanti.

Il nome che ha scelto per il suo incontro è “Il silenzio della poesia”, ma avverte presto la platea che del silenzio non parlerà. L’aiuterà semmai a farne esperienza, col suo silenzio la condurrà nel profondo del silenzio di ognuno di loro, se accoglierlo non farà troppo male. Altrimenti, la poetessa fa l’invito di alzarsi ed uscire, in qualunque momento.

Le poesie che leggerà sono tratte dalla sua ultima raccolta, Pane del bosco (2020-2023).

Rispetto ai reading consueti, la platea non è portata ad ascoltare solo le parole, ma anche il silenzio che sta fra di esse. La poetessa propone un’esperienza di ascolto integrale, della parola scritta che scaturisce dal gesto poetico ma anche di ciò che sta a monte, che il gesto poetico lo prepara e lo sostiene.

Non c’è imbarazzo nei minuti di silenzio fra la lettura di una poesia e l’altra. Si ascolta un silenzio attento, vigile, che ha la forma della condivisione. Qualcosa d’importante sembra accadere dentro ognuno, lo si intuisce dagli occhi che acquistano in luce e colore, dai corpi che abbandonano la presa e sprofondano dentro le poltrone, scartando il regalo concessogli di tornare per qualche momento a sé.

Ogni giorno sono meno consistente
Svanisco un pochino ogni volta
Che mi inoltro tra gli alberi,
Comincia dai capelli e finisce con le api,
Su in alto tra le acacie
La continua orchestra di motori
Da fiori a miele,
E quando sarà miele
Sarò così inconsistente
Da far invidia
Ai fili d’erba.
(Da Pane nel Bosco, p. 13).

Come scrive Candiani in Questo immenso non sapere, il silenzio è spesso opportuno perché il linguaggio tradizionale non riesce a tenere insieme gli opposti. I concetti, di cui ci serviamo abitualmente, uccidono e dividono ciò che nasce unito. Fare silenzio, fare meditazione, significa accogliere in un unico abbraccio ciò che il linguaggio, invece, divide.

“Assaporare lo spazio sgombro del cuore fa respirare l’illimitato, apre a un’assenza di categorie che è vitalità del silenzio” (Questo immenso non sapere, p. 52).
Avanza Autunno
Ah questa sciocca idea
Di dover sempre imparare qualcosa.
Guardo senza osservare
mi sfoglio, mi slego
Impallidisco, tremo
E tremando volteggio.
Come l’albero tratta le sue foglie
così tratto i miei pensieri.
(Da Pane nel Bosco, 2020-2023 p. 59)

Le narrazioni, di cui ci serviamo per interpretare il mondo e comunicare fra noi, hanno la pecca di essere un velo sopra al sentire. Coprono la vita, quella grezza e naturale, che sottomessa alla parola si fa opaca e anonima. Abitare il silenzio è svelare la vita naturale, quella degli alberi e degli animali, che tanto piacciono a Candiani. È accedere alla quantità di vita che si annida sotto alle costruzioni umane e che le precede.

L’incontro di Candiani è stato il dono di un silenzio che non conosce timidezza e in cui la mancanza di parole non è un peso. Un silenzio tutt’altro che muto, ma vivo. Un silenzio che parla più di qualunque parola distratta. Un silenzio che è comunione fra i respiri, uno stare nello stesso luogo e percepirsi legati e riconoscersi senza essersi mai parlati.

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