Festivaletteratura non è come gli altri!
11 9 2020
Festivaletteratura non è come gli altri!

Buon vicinato: i festival letterari sono buoni o cattivi?

Festival letterari sì o festival letterari no? Questo è il tema su cui si sfidano Chiara Valerio e Michela Murgia, riprendendo un format che avevano realizzato durante il lockdown, quando le due scrittrici si sfidavano dialetticamente sui temi più diversi, sorteggiando chi avrebbe difeso ciascuna posizione.

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Pronti? Lancio della monetina e via: Chiara Valerio difende i festival, a Michela Murgia tocca avversarli.

Murgia attacca subito: i festival letterari costano troppo, generano assembramenti molto fastidiosi e penalizzano gli scrittori timidi, quelli con un handicap, o quelli che pensano di aver detto tutto ciò che volevano dire nei loro libri. Favoriscono solo gli scrittori che hanno un carattere adeguato a questo tipo di eventi, facendo male a certi libri, il cui autore non ha il carattere adatto a promuoverli in maniera esuberante.

Valerio ribatte che la politica ha abolito i comizi, mentre i festival sono una forma di presenza verso il pubblico. «Io sono nata a Mantova, come scrittrice, all’interno di Scritture Giovani, e Mantova mi ha cambiato la vita, mi ha fatto esistere come scrittrice»

Il dialogo va avanti fra posizioni argomentate e battute salaci.
Michela Murgia: «ma gli scrittori non devono fare per forza comizi».
«...Tu lo dici?» ribatte Chiara Valerio.

Il problema, dice Murgia, è un grande equivoco, secondo il quale il corpo dello scrittore coincide con la sua opera. Per cui il lettore che ha letto e amato i tuoi libri pensa di conoscerti e di poterti abbracciare e dirti qualcosa quando ti incontra. Ha sbagliato tutto Il giovane Holden, quando dice che vorrebbe chiamare lo scrittore il cui libro ha amato. «Ma l’autore non vuole rispondere a quella telefonata. Non vuole farsi il selfie con il lettore cui ha cambiato la vita! Accontentati del libro, che a me è costato tanta fatica!» Più in generale, capita di vedere un autore figo e simpatico («anche una autrice, ma nel linguaggio italiano, che è sessista, dire che una autrice è figa è diverso dal dire che un autore è figo»), e poi il suo libro non è bello. Ci sono autori che hanno più qualità di ciò che scrivono.

Ma Valerio ribatte sostenendo l’importanza dei festival come luogo di mediazione culturale. Sono l’ultimo anello della promozione editoriale, intesa non solo come marketing: sono l’ultimo anello di una filiera editoriale che inizia con la selezione del libro, passa dal lavoro sul testo, procede con la pubblicazione e finisce con una nuova scelta, una nuova pubblicazione, da parte dei festival. Senza mediazione culturale non c’è democrazia e i festival assolvono a questo ruolo. «E il fatto di avere un microfono in mano ti dà una postura intellettuale, ti obbliga all’etica»

«Sì, ma capita di dover promuovere libri deboli», dice Murgia.
«A Mantova no», replica Valerio.
«Mi è successo anche a Mantova!»

Chiara Valerio però difende di nuovo il ruolo dei festival: per me i festival sono come la tua vita, hai un tempo e uno spazio limitato, che sei felice di condividere con un lettore. Da lettrice il festival è una bomba, ho visto grandi autori. Io sono nata in un piccolo paese e per anni non ho visto il viso degli scrittori. Credevo fossero tutti morti. Venendo a Mantova ho capito che gli scrittori potevano essere vivi e non morti. «Che pure io potevo essere una scrittrice, pur essendo viva».

Il problema, dice Murgia, è che Mantova è la madre di tutte sventure. Ora l’Italia è il Paese dei festival, tutti vogliono copiare Festivaletteratura. Per cui ogni paese vuole avere il suo festival, che spesso è creato dall’alto, drenando e concentrando in pochi giorni le risorse economiche che servirebbero per tutto l’anno.

«Quindi non siamo contro i festival», dice Chiara Valerio. «Siamo contro certi festival. Siamo pro o contro cose singole, non contro una categoria. Ma tu, Michela, ami Festivaletteratura?». «Certo che lo amo! Lo adoro! Mantova ha il potere di una spa: in un anno in cui non tocco nessuno, in cui ho paura della mia ombra, sono qui. I festival possono essere un luogo pernicioso, ma essere a Mantova è sempre ottimo».

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