Fraseggio dentro al sassofono
9 9 2023
Fraseggio dentro al sassofono

Il dj set di Vittorio Gervasi tra Kerouac e autorialità

«Le luci sono blu come ieri ma l'atmosfera in piazza LBA è diversa: l'aria vibra di erotismo, piroette voluttuose di piacere. Il ritmo si fa concitato, aumentano i battiti, cresce la voglia.
Sotto il cielo di Mantova il sax corre forte. La testa che fa avanti e indietro, il piedino che batte sulla pavimentazione sconnessa. Birrette, sontuosi cocktail, chiacchiere amene, coppiette a passeggio che si stringono la mano. È il brio quieto del Festlet, quella magia non da pensare, ma da vivere a ritmo jazz, al tuo passo, al Volume che vuoi»

Con queste parole Niccolò, spettatore del Festival, ci racconta la seconda serata del dj set di Piazza Leon Battista Alberti, dove jazz tradizionale e sperimentazione si incontrano. A guidarci in questo ritmo sincopato Vittorio Gervasi, aka Jazz Hunter, musicista sassofonista e resident della web radio Raheem qui per Volume!, la serie di live dj set pensati per il Festivaletteratura.

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Ad ispirare la serata il romanzo di Jack Kerouac, I sotterranei, uscito nel 1958 e considerato uno dei libri più jazz della storia della letteratura. Lo stesso Kerouac all’uscita del romanzo spiega agli amici che il libro si basava «sul jazz e il bop, nel senso che un sax tenore prende il respiro e soffia un fraseggio dentro al suo sassofono, finché resta senza fiato e a quel punto la sua frase è completata».

Ed è proprio il sax ad aprire il dj set, quasi a fare da eco alle parole di Kerouac, trasportandoci indietro nel tempo dei patinati e controversi jazz club degli anni Cinquanta. Poi il vinile cambia e il ritmo si fa più convulso: gli spettatori lasciano i tavolini per tentare timidamente di muoversi seguendo il flusso musicale, rincorrendo il ritmo che si contamina verso l’elettronica e l’house. I movimenti allora da esitanti si fanno fluidi, sicuri, consigliati da beat più familiari e amici.

«Ti mentirei però se ti dicessi che tutto il set è ispirato ai Sotterranei» confessa il musicista sorridendo, cuffie attorno al collo tra un brano e l’altro. La parte finale del dj set infatti è molto autoriale, con brani della scena inglese mischiati al jazz italiano e in particolare con i brani della band di Gervasi, i Jazz Hunters, di cui lui è sassofonista. Un set dunque per raccontare ma sopratutto raccontarsi, usando come strumento i vinili che vengono ascoltati a casa, e che vengono riposti accuratamente ognuno nella propria custodia a fine set.

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«Il mio obiettivo era quello di unire il jazz contemporaneo, la scena inglese e quella americana, con il jazz della tradizione - spiega Gervasi a fine set - ho cercato in un certo senso di indorare la pillola, perchè il jazz viene considerato un genere difficile. Per questo ho selezionato solo tracce della tradizione del jazz che dialogassero bene con il jazz contemporaneo; per far capire che la tradizione è molto attuale, ma soprattutto per far capire che il jazz non è un genere morto».

Festivaletteratura