Gli ingredienti perfetti alla sopravvivenza nell'Antropocene
9 9 2023
Gli ingredienti perfetti alla sopravvivenza nell'Antropocene

Come la migrazione salverà la nostra specie (e ci renderà più ricchi)

«Oggi parliamo di due argomenti complicati, e giusto per complicarci ancora di più la vita ne parliamo insieme»; apre così l'intervista a Gaia Vince e Ferdinando Cotugno, introducendo in chiave ironica i due temi (il cambiamento climatico e la migrazione) dell’intervento Le migrazioni del clima, tenutosi venerdì pomeriggio sotto le volte della Basilica Palatina di Santa Barbara per gli spettatori del Festival.

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L’incontro si apre con un'anticipazione del libro (Il secolo nomade) e il perno della chiacchierata tra i due: la migrazione di massa come specie verso il Nord del mondo è la soluzione, il metodo per sopravvivere al cambiamento climatico. Questa teoria che sembra innovativa guarda in realtà al passato: nel Pleistocene, durante le glaciazioni, gli uomini si sono ciclicamente spostati da territori più freddi a zone più calde, assicurando il proseguimento della specie. «Abbiamo un DNA migrante - ricorda infatti Vince - dalla grande capacità adattiva». Questo tratto, unito al nostro essere tecnicamente geniali (ovvero capaci come specie di sviluppare la tecnologia) e alla nostra innata tendenza a tessere reti comunitarie, ci ha permesso di persistere nel tempo nonostante i cambiamenti del clima. Migrazione, tecnologia e socialità sarebbero dunque gli ingredienti perfetti della ricetta individuata da Gaia Vince per sopravvivere all’Antropocene.

Che cosa impedisce dunque ai migranti climatici di raggiungere in sicurezza il Sud Europa, costringendoli a viaggi della speranza lungo le rotte dei migranti? I confini, nati assieme al concetto Stato-nazione, bordi invisibili che separano uno Stato (e una popolazione) dall’altro. La stessa Italia è per la giornalista inglese un bel concetto («I love Italy, Italy it’s a great concept»), ma è stata costruita a tavolino dopo le guerre d'indipendenza; il popolo italiano, l’italianità così come la intendiamo noi, si è fatta solo a seguito della prima guerra mondiale - «fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani», ricorda Massimo D’Azeglio.

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La protezione dei confini, cara alla destra nazionalista, è una narrativa tanto più forte quando si parla di migrazione perchè ad oggi la sinistra non è riuscita a costruire una contronarrativa. Anche perché la realtà è una sola: le persone disperate, costrette dal caldo ad abbandonare le proprie case, attraverseranno comunque i confini, anche a scapito della propria salute psico-fisica. La proposta della giornalista Vince non è dunque quella di abbattere i confini, ma trovare un modo per controllare il passaggio delle persone che ci piaccia o meno, come ci ricorda la giornalista inglese. Come a dire: la migrazione di massa arriverà, e prima lo accettiamo prima riusciamo a capire come gestirla e a non farci travolgere.

Gli Stati però, per come sono stati concepiti, si stanno mostrando incapaci ad affrontare questa migrazione planetaria; allo stesso tempo, non abbiamo tempo per ripensare (o abbattere) il concetto di Stato. Bisogna agire subito, con gli strumenti che già abbiamo a disposizione. Per questo per la giornalista inglese bisognerebbe affidarsi alle Nazioni Unite, con tutti i limiti che ha, per creare nuovi strumenti e raggiungere nuovi accordi in materia.

Lo strumento innovativo per eccellenza potrebbe essere la cittadinanza globale, ispirata dagli apolidi della II Guerra Mondiale che ottennero lo status di cittadino nei Paesi in cui ebbero un soggiorno forzato, ovvero, nei Paesi in cui furono chiusi nei campi di concentramento. Gli accordi invece dovrebbero avere come focus il diritto all’emigrazione; un diritto certo, preciso e che disciplini lo spostamento in modo da arricchire i Paesi ospitanti tanto quanto quelli riceventi.

I migranti infatti sono una ricchezza economica, soprattutto per i Paesi del Nord che hanno smesso di far figli; in questo caso l’immigrazione è l'unico fattore che salverà queste economie dal collasso. Parlare di persone che rubano il lavoro e che riducono i salari non solo non è vero, ma è l’esatto contrario di quello che accade: nuove persone nel mercato del lavoro significano più caregiver per i nostri bambini e i nostri anziani, più tasse pagate allo Stato e più persone che investono nel nostro mercato. L’immigrazione, ancora una volta, non è problema ma è soluzione, fonte di ricchezza ma soprattutto di sopravvivenza per tutti coloro che hanno diritto a una vita dignitosa, come quella di chi, per fortuna o caso, si è trovato a vivere nel Nord del mondo.

«Se posso però, prima di abbandonarvi, vorrei dire una cosa: non siamo spacciati. Dobbiamo adattarci; l’adattamento sociale e il progresso tecnologico possono fornirci i mezzi giusti. Le nostre scelte si stanno restringendo, è vero, ma ci sono. Non siamo spacciati». Silenzio. Applausi.

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