Il fascino discreto delle profezie
10 9 2021
Il fascino discreto delle profezie

Dialogo tra Giulio Busi e Vittorio Lingiardi

I due personaggi a confronto oggi, nella cornice del teatro scientifico Bibiena, lasciavano presagire uno scenario degno del galileiano Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: un Salviati sostenitore del pensiero scientifico e razionale che cerca di convincere l’aristotelico Simplicio del suo metodo scientifico.

Da una parte, infatti, Vittorio Lingiardi, medico psichiatra specializzato nel trattamento terapeutico dei disturbi della personalità, dall’altra Giulio Busi, esperto di mistica ebraica e di storia rinascimentale e autore del libro oggetto del discorso: Indovinare il mondo, le cento porte del destino, edito da Il Mulino. https://www.ibs.it/indovinare-mondo-cento-porte-del-libro-giulio-busi/e/9788815292605?gclid=CjwKCAjwhOyJBhA4EiwAEcJdcebQx6hHLr1LJxwXkJkttPm-ANPj9EZEsBFxub30tlpc2i8JHM5k-RoChD4QAvD_BwE La scienza, dunque, e il mistero, la premonizione, la realtà che si prova indovinare.

https://www.rainews.it/dl/rainews/media/Eureka-street-Giulio-Busi-Indovinare-il-mondo-4b9b12c2-239c-4984-a6cb-cbd06d4fcc8d.html

Tuttavia, nessuno scontro ha preso corpo sul palco, dato la prospettiva di Giulio Busi è ben lontana da quello del convinto Salviati. Non c'è nessun invito a cedere all'irrazionale, nessuna corte alla profezia, Lingiardi ci confessa da subito che la cosa sorprendente di questo libro è proprio la sua gratuità. Non c’è la pretesa di convincere o sedurre, è la narrazione, più o meno privata, la chiave di volta di questo testo, è il piacere puro e semplice di condividere un linguaggio che, in maniera più o meno consapevole è di tutti: quello del sogno e dell’irrazionale. L’idea iniziale, racconta Busi, era quella di trattare il tema della divinizzazione attraverso le epoche, ma «mi annoiava». Eppure, questo tema non viene abbandonato del tutto ma approfondito in un suo aspetto più magico, più meraviglioso: quello delle premonizioni.

Busi raccoglie cento “porte”, cento storie che attingono dal mondo antico e dalla contemporaneità, si passa dai sumeri alla Gerusalemme di oggi, dal vicino e dal lontanissimo, dall’India o da una periferia di Bucarest fino alla circonvallazione di Catania, da Dante al muratore milanese, dai frammenti di Kafka e dai racconti personali. Attraverso queste cento porte, un po’ come da un montaliano anello che non tiene, Busi prova a penetrare quel mondo dell’irrazionale e dell’onirico che sono le profezie. È un tema che spesso, nell’immaginario collettivo viene relegato al mondo antico, alle sibille e agli auruspici, ma che invece non è affatto distante dal bisogno contemporaneo di cercare risposte rapide ovunque, e compulsivamente. «Di ciarlatani è pieno il mondo e la nostra età disillusa è abituata ad avvicinarsi al destino senza grandi pretese; ma dietro a una profezia, anche una sola, che si avvera, c’è unicamente il caso oppure si spalanca una dimensione insondata dell’animo umano?» scrive Busi. I più razionali le possono chiamare coincidenze, chi non teme il mistico, invece, non potrà non leggerci qualcosa di ulteriore in questo disvelamento di destini. L’immagine di questo mondo potrebbe essere quella che l’autore sceglie in apertura e che è raffigurata in un vaso greco: quella della dea Temi, famosa per le sue oscure profezie, come ricorda anche Dante nel XXXIII del Purgatorio, nel momento in cui il re Egeo viene a interrogarla. La dea appare raffigurata come completamente persa nella contemplazione della ciotola divinatoria. È proprio questa visualizzazione del dubbio e dell’assenza, questo perdersi che è il motivo di interesse della raccolta. Nel libro c’è molto della conoscenza intellettuale dell’autore ma c’è anche la sua vita privata, tutte quelle persone che nel tempo gli hanno raccontato la propria storia con il meraviglioso, il sorprendente. C’è la volontà di tracciare un filo in un tema che attraversa le epoche, le culture e le storie. «Io mi sento un po’ più felice quando racconto queste cose, raccontare questo mondo che mi inquieta, mi libera».

Si legge amore per la vita e rispetto per la dimensione irrazionale in questi racconti, senza pretese risolutive, ma con la voglia di raccontare e non occultare un mondo troppo spesso demonizzato in una contemporaneità sempre più nascosta dietro la presunta verità scientifica. Busi ci restituisce questa realtà con l'occhio del curioso e dell'affascinato, sapendo che, in realtà, è un discorso che suscita l'interesse di molti. «Sai è capitato anche a me», è la risposta che riceve più di frequente quando condivide questi racconti di presentimenti. Parlarne diventa allora un modo per ricreare una comunità che vada al di là delle epoche. La profezia e la dimensione onirica diventano una sorta di «esperanto trans-temporale» in cui tutte insieme si squadernano le dimensioni dell’uomo e quasi per una concessione divina si riesce tenere insieme nel presente quello che è stato e quello che sarà.

Né Lingiardi, né Busi definiscono mai in maniera netta questa dimensione che Busi ci invita ad esperire, non le viene mai affibbiata una definizione precisa, resta qualcosa di indefinito. Del resto, sarebbe contraddittorio definire qualcosa che è per sua natura indefinibile, come una sensazione che precede una premonizione. La lezione, forse, è proprio questa: ammettere che non solo di razionale vive l’uomo, che è proprio ciò che non capiamo che potrebbe allargare la nostra comprensione.

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