Il Cile di Cynthia Rimsky
Federico Buffa introduce Cynthia Rimsky parlando di qualche anno fa, in particolare di una contestazione avvenuta l'8 Marzo 2020 in Cile, il suo paese. A quel tempo si trovava lì come corrispondente. Uscito dal suo hotel un poliziotto lo fermò subito e gli disse: «Lei vuole davvero uscire questo 8 Marzo? Ha una vaga idea di cosa sta succedendo per le strade»? Furono milioni le donne che vennero a manifestare da ogni dove a Santiago del Cile per chiedere di entrare membri effettivi della Convenzione Costituzionale. Nella storia del Cile le donne hanno dato un grande contributo, sostenendo gli storici scioperi dei minatori e degli operai e opponendosi alle varie dittature militari in difesa dei diritti umani.
Dicono
a Buffa gli uomini cileni: «La donna cilena è molto coraggiosa,
ma ce n'è una che spicca su tutte: Cynthia Rimsky». Militante di
prima linea della sinistra radicale, decide poco più che ventenne di
partire, con zaino enorme e clandestinità,
proprio al tempo del regime di Pinochet. Così arriva in Nicaragua,
ai tempi della rivoluzione: ma solo vent'anni dopo rileggerà i diari
di quell'esperienza.
«Io
faccio letteratura perché non capisco, non capisco razionalmente
cosa sia il Cile, nella sua essenza più profonda. Allora provo a
immaginarlo». Il padre era un umanista, un uomo colto e un forte
lettore. Appena arrivò un certo apparente benessere, un giorno si presenta fischiettando con delle carte di credito: «Il Cile è seriamente fottuto» lei ha pensato. Cynthia Rimsky fotografa i dettagli del
suo paese con una grazia ispirata, non in modo grave ma con
leggerezza. «Perché mi piace scrivere, non parlare». Il
pubblico ride, è spiritosa.
«Io
osservo come un voyeur e con quello che vedo mi chiudo nel mio studio
e lo trasformo, lo deformo, fino a arrivare a un punto in cui... mi
fa ridere! Perché sono stanca della tristezza e della malinconia, ne
ho vista abbastanza. Ma se mi aveste conosciuto da militante ero
insopportabile, la classica idealista inquadrata e quadrata che non
credeva assolutamente nelle sfumature. Però più guardavo il capo
dei militanti e più non mi piaceva questo tizio. Questo mi ha
salvato». Si descrive come una persona diffidente, in
particolare verso il potere e chi lo ha (a De André sarebbe
piaciuta). La protagonista di uno dei suoi romanzo, la Caldini, riflette
questa natura sospettosa e disillusa di chi ha visto troppe parole e
pochi fatti.
Trova
il Cile un posto pieno di ferite aperte, dove coloro che hanno dato
la vita per la rivoluzione, non riuscivano più a riconoscere il
proprio Paese e il Paese non riconosceva più loro: è accaduto a
centinaia dei suoi compagni di lotta. Nessun riconoscimento. Ma il
fiore della ribellione non è ancora appassito in Cile. Tanto che nel
2019 il presidente
Piñera dichiarò
addirittura lo stato di guerra contro i rivoltosi: persino il suo
generale in carica gli andrà contro.
Fu il governo di Allende a godere, per la prima volta, del supporto
popolare e questo faceva paura all'altra parte. Nelle proteste del
2019/2020 c'è stato questo enorme movimento di ribellione e le forze
e i simpatizzanti di destra hanno manifestato il loro atavico timore
del popolo, tanto che molti cileni più ricchi sono scappati all'estero temendo
di perdere i loro privilegi a causa della rabbia degli insorti. Le
conseguenze della crisi globale dei partiti politici e del populismo/qualunquismo dilagante sono ancora più pesanti qui. D'altronde siamo nel paese di
Pinochet, l'uomo che ha affidato a un giovanissimo professore di
un'università cattolica un po' retrò la costituzione apposta per
farla rimanere e perpetrare lo status quo.
Adesso
un membro dell'Opus Dei è il principale fautore della nuova
costituzione: «Ridateci quella di Pinochet che è meglio» ironizza Rimsky. Dal pubblico chiedono com'è la situazione della
comunità LGBT e racconta che fino a quindici anni fa il Cile non
aveva il divorzio: oggi il matrimonio tra coppie omosessuali è
previsto. «Viaggiare mi ha aperto la testa, vedere altre
culture, scoprire nuove cose. E, ovviamente, leggere». Porta una chioma rossa colorata, che sembrano quasi il riflesso del suo animo passionale.
Una signora colombiana interviene dicendo quanto il Cile e l'autrice siano stati d'ispirazione per il suo Paese, la sua evoluzione culturale, dopo 40 anni di regime repressivo. Nell'ultimo intervento dal pubblico chiedono come è stato leggere i suoi diari 20 anni dopo: «Mi sono vergognata da morire».