Il nostro mare
8 9 2016
Il nostro mare

A quale "noi" risponde il Mediterraneo?

Ricordando che per definizione geologica il bacino di un mare inizia dove iniziano i fiumi che vi confluiscono, Vanoli ha aperto una nuova prospettiva: “Se la mettiamo così, il Mediterraneo inizia in Nord Europa, in Eurasia, in Africa”. Ricostruire il passato del nostro mare non più su una visione eurocentrica, ma ampia, conflittuale, complessa, che non riduca mai più il Mediterraneo a uno stagno e ne esalti la tradizione di crogiolo culturale, è l’operazione che la Storia deve compiere per rispondere alle necessità del presente e garantire l'identità futura di questo nostro mare.Europa, anni Novanta: a uno dei tanti "Festival del Mediterraneo" (o "Festival dei popoli" che dir si voglia) si mangia cous-cous e si ascolta musica balcanica. Europa, oggi: in risposta alle migliaia di migranti che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste in politica avanza la destra estremista e gli stati chiudono le proprie frontiere. Quando è successo che il Mediterraneo da mare di speranza è diventato un mare di disperazione?

Una domanda a cui è impossibile rispondere, ma su cui hanno cercato di far luce gli storici Franco Cardini e Alessando Vanoli nell’incontro intitolato proprio Il nostro mare.

Un percorso, più che un incontro, che aveva l’obiettivo di esplorare il Mediterraneo attraversando una serie di luoghi della memoria e dell’attualità. Si parte da lontano, dal Neolitico, e da due elementi della tavola periodica: sono il rame (presente nel sud-est del territorio mediterraneo) e lo stagno, i cui giacimenti si concentrano nel nord-ovest del bacino del nostro mare. Dall’unione di rame e stagno si ottiene il bronzo, una lega molto duttile ma estremamente resistente che diventa presto indispensabile per l’essere umano. Secondo David Abulafia, il maggior storico contemporaneo del Mediterraneo, è proprio per poter creare il bronzo che i Fenici avviarono i commerci marittimi che per secoli hanno rappresentato la vera unità mediterranea (suona un po’ troppo semplice detta così, ma potete approfondire l’argomento leggendo il suo Il grande mare. Storia del Mediterraneo).

Da allora, possiamo ricostruire la storia del nostro mare attraverso i nomi che le varie civiltà gli diedero nel tempo: i greci lo chiamavano semplicemente “acqua”, nella sua accezione più generica, perché quello era l’unico mare conosciuto e conoscibile (nel Fedone, Socrate pronuncia la famosa frase «Viviamo intorno a un mare come rane intorno a uno stagno», come a dire che al di fuori non c’era altro). Furono poi i romani a chiamarlo “mare nostrum” dandogli un’accezione giuridica e di possesso che ha risuonato nelle nostre orecchie ai tempi del Fascismo. Per gli ebrei era semplicemente “Yam”, come qualsiasi specchio d’acqua: loro il mare non l’avevano mai visto.

«Poi un giorno siamo diventati degli occidentali moderni» spiega Cardini «ci siamo resi conto che se non avessimo trovato il modo di governare l’universo saremmo spariti». Nel frattempo, infatti, gli arabi - che avevano sempre chiamato il mare semplicemente “Bahar” (ovvero “molta acqua”) perché anche loro erano nati in luoghi principalmente desertici - stavano acquistando e conquistando una nuova prospettiva: un mondo con il mare sempre al centro, ma questo mare non era più il Mediterraneo, bensì l’Oceano Indiano. Il nostro mare per i musulmani non era altro che una frontiera.

In fondo, il Mediterraneo è stato solo uno dei tanti mediterranei possibili: mari chiusi, sulle sponde dei quali sarebbero potute nascere molte di quelle che l’antropologia definisce “civiltà superiori”, ovvero quelle società che hanno generato al loro interno delle organizzazioni gerarchiche. Eppure, è successo praticamente solo nel nostro Mediterraneo, grazie alle sue irripetibili condizioni geologiche e climatiche. Prenderne coscienza, però, non ha fatto altro che alimentare il nostro senso di superiorità e di chiusura nei confronti di civiltà importanti e all'avanguardia, che nel frattempo di riflesso hanno rivolto il proprio sguardo altrove.

Ma è ancora possibile, come suggeriva nel Novecento lo storico francese Fernand Braudel, credere che l’unità geologica e climatica del Mediterraneo abbia generato automaticamente un’unità culturale che continuerà invariata nei secoli e che garantirà questa presunta supremazia? La crisi economica e le guerre contemporanee ci hanno dimostrato di no: il Mediterraneo, così come l’abbiamo pensato e raccontato in passato non esiste più.

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